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Papa a vescovi: come Romero, siate voce contro ingiustizie e povert¨¤

Incontrando i vescovi centroamericani nella chiesa di San Francisco de As¨ªs a Panam¨¢, Francesco esorta la Chiesa ad essere umile e povera, non arrogante n¨¦ piena di orgoglio, seguendo l¡¯esempio di Sant¡¯Oscar Romero

Giada Aquilino - Città del Vaticano

È un alla Chiesa tutta e al Popolo di Dio quello di Papa Francesco ai vescovi centroamericani del Sedac, il Segretariato episcopale dell'America Centrale che da 75 anni riunisce i presuli delle Conferenze episcopali di Panamá, El Salvador, Costa Rica, Guatemala, Honduras e Nicaragua. Il Pontefice li incontra e li abbraccia nella chiesa di San Francisco de Asís, nel centro di Panamá: tra loro, dice, ci sono anche ¡°amici di gioventù¡± (Ascolta il servizio con la voce del Papa).

L¡¯esempio di Sant¡¯Oscar Romero

Dopo il saluto del presidente dell¡¯organismo, mons. José Luis Escobar Alas, incentrato sull¡¯attuale momento storico ¡°tristemente¡± segnato - rileva il presule - da violenza, corruzione, ineguaglianza, migrazioni, esclusione sociale soprattutto per i più poveri, Francesco guarda alla gente del Centro America il cui ¡°volto povero¡± esprime una fede ¡°provata ma semplice¡± ed esorta i presenti ad ¡°ampliare la visione¡± e ¡°unire gli sforzi¡± in un lavoro di ascolto, comprensione, dedizione e impegno. L¡¯esempio, dice Francesco parlando in spagnolo, è uno dei figli di quelle terre, Sant¡¯Oscar Romero, l¡¯arcivescovo di San Salvador ucciso in odio alla fede il 24 marzo del 1980 e canonizzato dal Papa lo scorso 14 ottobre.

Molti uomini e donne, sacerdoti, consacrati, consacrate e laici hanno offerto la vita fino a spargere il loro sangue per mantenere viva la voce profetica della Chiesa di fronte all¡¯ingiustizia, all¡¯impoverimento di tante persone e all¡¯abuso di potere.

Il Dna delle Chiese centroamericane

Mons. Romero, sottolinea, è ¡°fonte costante d¡¯ispirazione¡± per Chiese e vescovi, perché si è sentito ¡°chiamato a tormentarsi, spendersi e stancarsi cercando di vivere le opere di misericordia¡±, non come ¡°elemosina¡± ma come ¡°vocazione¡±: il cardinale Antonio Quarracino - rammenta Francesco citando il suo predecessore alla guida dell'arcidiocesi di Buenos Aires  - diceva che era candidato al Premio Nobel per la fedeltà. Eppure, aggiunge a braccio, Romero - come tanti vescovi - fu considerato una brutta parola, sospettato, scomunicato anche nelle chiacchiere private di tanti vescovi. ¡°Sentire con la Chiesa¡± fu la ¡°bussola¡± che ha segnato la sua vita nella fedeltà, anche nei momenti ¡°più turbolenti¡±, sfociata in una ¡°dedizione martiriale¡± che il Papa ripropone ¡°nel servizio quotidiano¡± alla gente di oggi. D¡¯altra parte, riflette, ¡°appellarsi alla figura di Romero significa appellarsi alla santità e al carattere profetico che vive nel Dna¡± delle Chiese centroamericane.

Romero ha potuto sintonizzarsi e imparare a vivere la Chiesa perché amava intimamente chi lo aveva generato nella fede. Senza questo amore intimo sarà molto difficile comprendere la sua storia e la sua conversione, poiché è stato questo medesimo amore a guidarlo fino a donarsi nel martirio; quell¡¯amore che nasce dall¡¯accogliere un dono totalmente gratuito, che non ci appartiene e che ci libera da ogni pretesa e tentazione di crederci i suoi proprietari o gli unici interpreti. Non abbiamo inventato la Chiesa, non è nata con noi e andrà avanti senza di noi.

Il Vaticano II, mano sicura per seguire Cristo

Il martirio, spiega il Pontefice, non è ¡°sinonimo di pusillanimità o l'atteggiamento di qualcuno che non ama la vita¡± e non sa riconoscerne il valore: il martire è colui che è in grado di ¡°incarnare e tradurre in vita¡± il rendimento di grazie. L¡¯arcivescovo di San Salvador ¡°ha amato la Chiesa come madre¡± che lo ha ¡°generato nella fede¡±, sentendosi ¡°membro e parte di essa¡±, abbracciando ¡°l¡¯apporto e il rinnovamento magisteriale¡± del Concilio Vaticano II.

Lì trovava la mano sicura per seguire Cristo. Non è stato ideologo né ideologico; la sua azione è nata da una compenetrazione con i documenti conciliari. Illuminato da questo orizzonte ecclesiale, sentire con la Chiesa significa per Romero contemplarla come Popolo di Dio.

Il battito del cuore

Davanti ad esso mons. Romero ¡°si poneva in ascolto¡± per ¡°non rifiutare la sua ispirazione¡±.

Così ci mostra che il Pastore, per cercare e incontrare il Signore, deve imparare e ascoltare il battito del cuore del suo popolo, sentire l¡¯¡°odore¡± degli uomini e delle donne di oggi fino a rimanere impregnato delle sue gioie e speranze, delle sue tristezze e angosce e così comprendere in profondità la Parola di Dio. Ascolto del popolo a lui affidato, fino a respirare e scoprire per mezzo di esso la volontà di Dio che ci chiama. Senza dicotomie o falsi antagonismi, perché solo l¡¯amore di Dio è capace di armonizzare tutti i nostri amori in un medesimo sentire e guardare.

La Chiesa umile e povera

Il Papa parla della kenosis di Cristo, che svuotò se stesso, prendendo forma di servo per divenire simile agli uomini.

Nella Chiesa Cristo vive tra di noi, e perciò essa dev¡¯essere umile e povera, perché una Chiesa arrogante, una chiesa piena di orgoglio, una Chiesa autosufficiente non è la Chiesa della kenosis.

Commozione di fronte a vite ferite

Riprendendo, dunque, un¡¯omelia di Sant¡¯Oscar Romero, il Pontefice ricorda che Dio ¡°salva nella storia, nella vita di ogni uomo¡±.

È importante, fratelli, che non abbiamo paura di accostare e toccare le ferite della nostra gente, che sono anche le nostre ferite, e questo farlo nello stile del Signore. Il pastore non può stare lontano dalla sofferenza del suo popolo; anzi, potremmo dire che il cuore del pastore si misura dalla sua capacità di commuoversi di fronte a tante vite ferite e minacciate. 

Rubare i giovani alla strada

Tale sofferenza, suggerisce ai vescovi, colpisca e contrassegni ¡°prioritࡱ e ¡°gusti¡±, ¡°l¡¯uso del tempo e del denaro¡±, il modo di pregare, ascoltando ¡°il rumore e il richiamo costante di persone reali che ci provocano - osserva - a creare legami¡±: altrimenti, prosegue, si tratterà di una fede ¡°rimasta a metà strada¡± o, peggio, di una religione con un Dio senza Cristo, un Cristo senza Chiesa, una Chiesa senza popolo. L¡¯occasione ¡°unica¡± è proprio la Giornata Mondiale della Gioventù, cominciata - si congratula il Pontefice - con l¡¯attenzione ai popoli indigeni e a quelli di origine africana, che consente di ¡°andare incontro e avvicinarsi ancora di più alla realtà dei nostri giovani¡±, contrassegnata da ¡°speranze e desideri¡± e al contempo da ¡°tante ferite¡±. Francesco richiama il Documento finale e l¡¯esperienza del Sinodo sui giovani, in cui si è sottolineato come i ragazzi siano un ¡°termometro¡± per sapere ¡°a che punto siamo come comunità e come societࡱ. Molte delle loro ¡°aspirazioni e intuizioni¡±, nota Francesco, si sono sviluppate ¡°in seno alla famiglia¡±., nutrite ¡°da una catechista¡±, o ¡°nella parrocchia, nella pastorale educativa o giovanile¡±. Oppure, prosegue, da una nonna, come quella che racconta di aver visto già un paio di volte, una "vecchietta magrolina¡± con un cartello con sopra scritto: ¡°Santità, anche le nonne fanno chiasso¡±! Una meraviglia di gente, commenta.

La Chiesa per sua natura è Madre e come tale genera e incuba la vita proteggendola da tutto ciò che può minacciare il suo sviluppo. Gestazione nella libertà e per la libertà. Vi esorto pertanto a promuovere programmi e centri educativi che sappiano accompagnare, sostenere e responsabilizzare i vostri giovani; per favore ¡°rubateli¡± alla strada prima che sia la cultura della morte che, ¡°vendendo loro fumo¡± e soluzioni magiche, catturi e sfrutti la loro inquietudine e la loro immaginazione. E fatelo non con paternalismo, perché non lo accetteranno, dall¡¯alto in basso, perché non è questo che il Signore ci chiede, ma come padri, come fratelli verso fratelli. Essi sono volto di Cristo per noi e a Cristo non arrivare dall¡¯alto in basso, ma dal basso in altro.

Società impazzita

Purtroppo, constata il Papa, molti giovani sono stati ¡°sedotti con risposte immediate che ipotecano la vita¡±, che li lasciano a metà strada, e si trovano immersi in ¡°situazioni fortemente conflittuali e senza rapida soluzione¡±.

Violenza domestica, femminicidio - che piaga vive il nostro continente in questo senso! - bande armate e criminali, traffico di droga, sfruttamento sessuale di minori e non più minori, e così via; e fa male vedere che, alla base di molte di queste situazioni, ci sono esperienze di orfanezza frutto di una cultura e di una società che è ¡°impazzita¡± - senza madre, li ha resi orfani. Famiglie molto spesso logorate da un sistema economico che non mette al primo posto le persone e il bene comune e che ha fatto della speculazione il suo ¡°paradiso¡± dove continuare a ingrassare non importa a spese di chi. E così i nostri giovani senza il calore di una casa, senza famiglia, senza comunità, senza appartenenza, sono lasciati in balìa del primo truffatore.

Alzare la voce

Il futuro ¡°esige¡± che si rispetti il presente riconoscendo ¡°la dignità delle culture dei vostri popoli e impegnandosi a valorizzarle¡± perché, sottolinea, anche ¡°nell¡¯autostima culturale¡± si gioca la dignità: la vostra gente - evidenzia ancora - ¡°non è la ¡®serie B¡¯ della società e di nessuno¡±. Di fronte a ¡°interessi falsi che diffondono dappertutto la corruzione e crescono spogliando i più poveri¡±, l¡¯esortazione è ad ¡°avere cura delle radici¡±, tutelando il ricco patrimonio storico, culturale e spirituale locale.

Impegnatevi e alzate la voce contro la desertificazione culturale, contro la desertificazione spirituale dei vostri popoli, che produce un¡¯indigenza radicale perché lascia senza quella indispensabile immunità vitale che mantiene la dignità nei momenti di maggiore difficoltà.

La maternità della Chiesa per i migranti

E uno sguardo attento alla dignità non può non cadere sul ¡°volto giovane¡± di tanti migranti, così com¡¯è emerso all¡¯Assemblea sinodale dell¡¯ottobre scorso. Quindi cita un recente libro di mons. Benoist de Sinety, che ha come sottotitolo 'Accogliere i migranti, un appello al coraggio': è una gioia, commenta.

La Chiesa, grazie alla sua universalità, può offrire quell¡¯ospitalità fraterna e accogliente in modo che le comunità di origine e quelle di arrivo dialoghino e contribuiscano a superare paure e diffidenze e rafforzino i legami che le migrazioni, nell¡¯immaginario collettivo, minacciano di spezzare. ¡°Accogliere, proteggere, promuovere e integrare¡± possono essere i quattro verbi con cui la Chiesa, in questa situazione migratoria, coniuga la sua maternità nell¡¯oggi della storia.

Il mondo scarta, Cristo no

La chiamata è ¡°alla conversione, alla solidarietà e a un¡¯azione educativa incisiva nelle nostre comunitࡱ.

Il mondo scarta, lo spirito del mondo scarta, lo sappiamo e ne soffriamo; la kenosis di Cristo no, l¡¯abbiamo sperimentato e continuiamo a sperimentarlo nella nostra stessa carne con il perdono e la conversione. Questa tensione ci costringe a chiederci continuamente: da che parte vogliamo stare?

Sacerdoti in prima linea

Il Papa si sofferma quindi sui sacerdoti, sui quali ¡°ricade¡± la responsabilità del Popolo di Dio: sono - ricorda - ¡°in prima linea¡±. Per questo hanno bisogno di vicinanza, comprensione e incoraggiamento, in una parola ¡°paternitࡱ, da parte dei vescovi, al di là di quel ¡°clericalismo¡± così ¡°tristemente diffuso¡±, che rappresenta - mette in luce il Pontefice - ¡°una caricatura e una perversione del ministero¡±. Il Pastore, spiega Francesco, in rapporto al suo gregge non sempre lo precede: a volte è davanti per indicare la strada, a volte deva stare in mezzo, per 'fiutare' cosa succede, a volte deve stare indietro, per proteggere gli ultimi affinché nessuno diventi materiale di scarto. L¡¯invito quindi è a lasciarsi scomodare dai sacerdoti, mai dimenticando la ¡°centralità della compassione¡±. Lo preoccupa, confessa, come essa abbia perso centralità nella Chiesa, nei gruppi cattolici, nei mezzi di comunicazione cattolici: ci sono scisma, condanna, cattiveria.

Questo non è un consiglio, ma una cosa vi dico dal cuore: avere l¡¯agenda piena, va bene, perché vi state guadagnando il pane. Ma se vedete la chiamata di un sacerdote, oggi, al massimo domani dovete richiamarlo e dirgli: ¡°Mi hai chiamato: cosa ti succede? Puoi aspettare fino a questo giorno, oppure è più urgente?¡±. E quel sacerdote in quel momento saprà che ha un padre.

Non delegare

Se pure c¡¯è una ¡°componente amministrativa¡± da portare avanti ¡°specialmente nelle parrocchie¡±, Francesco auspica quindi che non sia delegato ¡°l¡¯ascolto¡± dei sacerdoti, seguendone ¡°la salute e la vita¡±.

Non possiamo delegare ad altri la porta aperta per loro. Porta aperta per creare le condizioni che rendano possibile la fiducia più che la paura, la sincerità più che l¡¯ipocrisia, lo scambio franco e rispettoso più che il monologo disciplinare.

La tentazione della mondanità spirituale

La raccomandazione a ciascun vescovo è quindi ad aiutare i presbiteri a crescere, promuovendo loro e non ¡°se stesso¡±, facendo propria quella povertà che - per dirla come Sant¡¯Ignazio - è ¡°madre¡±, perché chiama alla ¡°feconditࡱ, ed è ¡°muro¡±, perché protegge dalla tentazione della ¡°mondanità spirituale¡±: il rivestire - cioè - ¡°di valori religiosi e ¡®pii¡¯ la sete di potere e di protagonismo, la vanità e persino l¡¯orgoglio e la superbia¡±.

Una Chiesa che non vuole che la sua forza stia - come diceva Mons. Romero - nell¡¯appoggio dei potenti o della politica, ma che si svincoli con nobiltà per camminare sorretta unicamente dalle braccia del Crocifisso, che è la sua vera forza. E questo si traduce in segni concreti ed evidenti; questo ci interroga e ci spinge ad un esame di coscienza sulle nostre scelte e priorità nell¡¯uso delle risorse, delle influenze e delle posizioni. La povertà è madre e muro perché custodisce il nostro cuore perché non scivoli in concessioni e compromessi che indeboliscono la libertà e la parresia a cui il Signore ci chiama.

 

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L'incontro del Papa con i vescovi del Centro America
24 gennaio 2019, 17:54