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Foto d'archivio: mons. Tejado Munoz (a destra) consegna un nuovo macchinario al direttore dell'ospedale di Kramatorsk Foto d'archivio: mons. Tejado Munoz (a destra) consegna un nuovo macchinario al direttore dell'ospedale di Kramatorsk 

Mons. Tejado: in Ucraina ¨¨ ora di sostenere ricostruzione e percorsi di pace

Papa Francesco, luned¨¬ al Corpo diplomatico, ha sottolineato che la Chiesa proseguir¨¤ nella sua missione umanitaria nell¡¯est dell¡¯Ucraina, che soffre per il conflitto aperto nel 2014. Il sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale: ¡°La guerra pu¨° riesplodere, ma bisogna ricostruire e far tornare i profughi¡±

Alessandro Di Bussolo ¨C Città del Vaticano

Nel suo discorso di lunedì 7 gennaio al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Papa Francesco ha ricordato i tanti progetti ¡°a sostegno dei più deboli¡± dei quali, negli ultimi anni, la Santa Sede si è fatta diretta promotrice, citando ¡°l¡¯iniziativa umanitaria in Ucraina in favore della popolazione sofferente, soprattutto nelle regioni orientali del Paese¡±. Sofferenza causata, ha sottolineato il Papa, dal conflitto ¡°che perdura da quasi cinque anni e che ha avuto alcuni recenti preoccupanti sviluppi nel Mar Nero¡±. Il progetto è ¡°Papa per l¡¯Ucraina¡±: ¡°con un¡¯attiva partecipazione delle Chiese cattoliche d¡¯Europa e dei fedeli di altre parti del mondo ¨C ha ricordato Francesco - che hanno raccolto il mio appello del maggio 2016, e con la collaborazione di altre Confessioni e delle Organizzazioni internazionali, si è cercato di venire incontro, in modo concreto, alle prime necessità degli abitanti dei territori colpiti, che sono le prime vittime della guerra¡±.

A metà novembre 2018 la missione a Donetsk e Kharkiv

¡°La Chiesa e le sue varie istituzioni ¨C ha aggiunto il Pontefice - proseguiranno questa loro missione, nell¡¯intento di attirare una maggiore attenzione anche su altre questioni umanitarie¡±. Ne parliamo con monsignor Segundo Tejado Muñoz, sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che è stato nelle regioni di Donetsk e Kharkiv, le più colpite dagli scontri iniziati nel 2014, dal 14 al 18 novembre scorso, insieme al cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero. Obiettivi della missione: la chiusura della fase ¡°emergenziale¡± del progetto e la visita di alcuni dei progetti umanitari realizzati con gli 11 milioni di euro raccolti dalla colletta tra i fedeli delle diocesi d¡¯Europa e i 5 donati direttamente da Papa Francesco.

 

R. ¨C Il progetto ¡°Papa per l¡¯Ucraina¡± era un progetto di emergenza ¨C spiega mons. Tejado a Vatican News - per cercare di dare una riposta alle prime necessità delle persone che soffrono. Abbiamo trovato il problema del freddo: sono regioni dove fa veramente freddo, con la temperatura che scende sotto zero durante tutto l¡¯inverno e nelle quali poi è molto freddo anche in primavera e in autunno. A causa della mancanza di fornitura del gas in queste zone, la gente ha avuto davvero difficoltà molto grandi. Da questo punto di vista si è fatto molto, fornendo alle famiglie delle stufe di carbone e fornendo anche il carbone per poter andare avanti: circa tremila famiglie hanno avuto questo tipo di aiuto; oltre al cibo, i vestiti e medicinali, gli aiuti forniti nell¡¯emergenza. Questo è quello che è stato fatto attraverso un Comitato creato dalla Chiesa locale, con un vescovo come responsabile: venivano presentati dei progetti che loro approvavano, e che venivano autorizzati anche dal nostro Dicastero.

Ascolta l'intervista a mons. Tejado Muñoz

È stato anche dato un sopporto psicologico, un aiuto che prosegue ancora¡­

R. ¨C Alcuni di questi progetti sono ancora in corso: nascevano come progetti di emergenza anche se in un senso un¡¯ pò più ¡°allargato¡±. E soprattutto resta tutto il lavoro della Chiesa locale. Il Papa ha voluto fare questo gesto che è un segno di carità e di vicinanza a queste persone che soffrivano a causa di questo conflitto dimenticato: perché l¡¯Ucraina era diventato un conflitto che praticamente l¡¯Occidente aveva dimenticato, come ne esistono tanti altri. Il Papa invece ha avuto molte segnalazioni da parte dei vescovi della Chiesa locale, del nunzio apostolico e ha voluto aiutare e fare questo gesto forte. Adesso cosa resta? Vogliamo che resti la Chiesa locale con le sue forze: le Caritas sia della Chiesa latina sia di quella greco-cattolica sono molto presenti, molto forti, hanno molte risorse. Con loro e altre organizzazioni che sono lì presenti, vogliamo continuare il lavoro di ricostruzione, che è un lavoro molto difficile, perché non è che il problema si concentra in un posto solo. Molta gente è fuggita e si trova dappertutto in Ucraina: a Kiev, come anche in altre città del sud o dell¡¯ovest. È un problema che va affrontato da chi abita lì, conosce la realtà, e che lì può fare veramente un lavoro che abbia una continuità e una sostenibilità nel tempo.

 

Tornando dal viaggio di novembre, lei aveva detto che, prima o poi, verrà momento di contribuire alla ricostruzione. Il momento è arrivato?

R. ¨C Senz¡¯altro, anche se il conflitto è ancora in atto. Perché il conflitto non si è risolto: è lì, latente, e in qualsiasi momento potrebbe anche riesplodere. Ci devono anche essere le condizioni affinché le organizzazioni umanitarie possano rientrare in queste zone ¨C così chiamate ¨C ¡°occupate¡±, o che si sono separate. È tutto un lavoro che dipende anche dalla situazione, da come evolve il conflitto; tuttavia, senz¡¯altro la Chiesa locale ha molto chiara la necessità adesso di fare un altro passo, di entrare in un¡¯altra fase dell¡¯emergenza, che guarda molto di più alla ricostruzione e anche alla possibilità di rientro delle persone. È quello che sta succedendo anche in Siria e in Iraq.

 

Come incoraggiare, come chiede il Papa, ¡°percorsi pacifici per la soluzione del conflitto¡±?

R. ¨C Questo è un lavoro che va fatto da parte di tantissimi soggetti. Non può essere soltanto la politica e neanche solo l¡¯azione della Chiesa. Penso che il Papa nel suo discorso abbia voluto dire che noi siamo chiamati a costruire percorsi di pace. E lo facciamo con un¡¯azione anche politica, diplomatica, di sensibilizzazione, volta a non far dimenticare questi conflitti che si tende a dimenticare, ma anche e soprattutto con segni di carità, di amore e di pace lì dove lavoriamo. Noi abbiamo visitato alcune realtà che sono veramente delle oasi di carità. Abbiamo visitato delle suore orionine che avevano una casa per ragazze madri, e abbiamo visto tutti i bambini con le loro mamme. È un oasi di caldo, di carità e di amore. Sembra che tutto ciò sia un qualcosa senza valore e invece ha un valore immenso per la costruzione della pace. E¡¯ seminare amore e carità. E¡¯ il terreno sul quale tutti gli operatori della Chiesa devono impegnarsi.

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Photogallery

Le foto della missione del novembre 2018
11 gennaio 2019, 14:23