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Le proteste a Washington delle scorse settimane Le proteste a Washington delle scorse settimane  (AFP or licensors)

L'immigrazione al centro dell'agenda Trump

Dallo schieramento della Guardia nazionale a Los Angeles fino alle retate di Chicago. Federico Petroni: "Secondo la destra Usa, è americano chi abbraccia la cultura nazionale spogliandosi di quella da cui proviene. Queste persone invocano un ritorno dell’assimilazione"

Guglielmo Gallone - Città del Vaticano

Lunedì a Chicago e in diverse città dell’Illinois centinaia di agenti federali hanno lanciato una vasta operazione contro i migranti privi di documenti: la maxi-retata, che ha preso di mira le “leggi santuario”, cioè le norme che limitano la collaborazione tra autorità locali e agenzie federali per l’immigrazione, è stata denunciata dal sindaco di Chicago e dal governatore dell’Illinois come un atto politico, mentre la Casa Bianca ha ritenuto l’azione necessaria per ripristinare la legalità. Un copione simile a quello di Washington, dove per gli stessi motivi era stata dispiegata la Guardia nazionale, o di Los Angeles, dove la Corte suprema ha autorizzato la ripresa delle retate contro i migranti, annullando il blocco imposto da un giudice federale. Anche nel Sud del Paese,  in Georgia,  475 lavoratori — per lo più sudcoreani — sono stati arrestati in una fabbrica Hyundai nella più imponente operazione mai realizzata in uno stabilimento.

L'immigrazione come l'aspetto più sentito

Tre indizi fanno una prova: la questione migratoria è il cuore dell’agenda interna di Donald Trump, il terreno privilegiato per consolidare il consenso della sua base elettorale. In effetti, «l’immigrazione è l’aspetto più sentito e su cui i trumpiani continuano a battere», racconta ai media vaticani Federico Petroni, analista della rivista italiana di geopolitica «Limes», che si trova a Washington per seguire la National conservatism conference, dove dal 2019 si riuniscono figure di rilievo dell’amministrazione Trump, donatori  conservatori e intellettuali di destra.  «Qui la restrizione all’immigrazione è il tema che strappa più applausi  — osserva Petroni —, tutti concordano sulla necessità che il governo debba restringere non solo le maglie dell’immigrazione, bensì la definizione di chi è americano».

Lo spettro dell'assimilazione

Ed è questo l’aspetto più importante. «Secondo il pensiero della destra statunitense — prosegue Petroni — non è americano solo chi è bianco o chi è nato lì. Non si tratta di una definizione etnica o razziale. Piuttosto, è americano chi abbraccia la cultura nazionale spogliandosi di quella da cui proviene. Queste persone invocano un ritorno dell’assimilazione, una teoria che era stata dimenticata con gli anni del multiculturalismo. Nel suo intervento dal titolo “What is an American?”, il senatore del Missouri, Eric Schmitt, ha detto che se l’America è tutto e tutti, allora non è niente». Un messaggio veicolato anche attraverso i social: negli ultimi giorni la piattaforma X è stata riempita di video, foto e commenti sull’omicidio di Iryna Zarutska, giovane rifugiata ucraina accoltellata a morte su un treno della metropolitana di Charlotte, in Carolina del Nord, da Decarlos Brown Jr., afroamericano con precedenti penali. «Questo caso è emblematico — commenta Petroni —, sui social fatti simili prendono una vita loro e, in questo modo, la popolazione si concentra sul fenomeno migratorio».

Il fattore umano

Anche perché, su altri fronti, si registrano malumori persino nella stessa convention dei conservatori:  «Anzitutto, qui c’è il forte timore che l’inflazione torni a galoppare; poi, molti stanno rivalutando l’approccio aggressivo promosso verso India e Giappone, così come altri criticano l’approccio cauto verso la Russia o, specie i più giovani, il supporto a Israele. Tutti sono invece concordi su due cose. La prima: criticare la reazione del potere giudiziario, che vuole impedire a Trump di realizzare gli aspetti più estremi della sua agenda. La seconda e più importante: ritenere compromesse le basi su cui è costruita la società statunitense. Famiglia, fede, istruzione, tecnologia, industria, lavoro». L’aspetto che più colpisce della crisi statunitense è proprio legato allo strato sociale: la grandissima difficoltà ad ascoltarsi, ad accettare che qualcuno pensi in modo diverso. Le reazioni estremiste al fenomeno migratorio passano anche e soprattutto per il fattore umano.

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10 settembre 2025, 14:00