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Da sinistra, Vladimir Putin, Xi Jinping e Kim Jong-un a Pechino Da sinistra, Vladimir Putin, Xi Jinping e Kim Jong-un a Pechino  (AFP or licensors)

Xi, Putin e Kim s'incontrano a Pechino

Per l’ottantesimo anniversario dalla fine della seconda guerra mondiale. Il presidente cinese: "Oggi l'umanità deve scegliere tra pace e guerra". Il bilaterale tra Mosca e Pyongyang per rafforzare i rapporti

Guglielmo Gallone - Città del Vaticano

È la prima volta che i leader di Cina, Russia e Corea del Nord s’incontrano insieme.  Ed  è la prima volta dal 2019 che Pechino prepara una sfilata militare a piazza Tienanmen in cui mostra al mondo i suoi nuovi sofisticati sistemi bellici, tra cui spicca il missile balistico intercontinentale DF-5C, capace di trasportare fino a dieci testate indipendenti e quindi di colpire contemporaneamente più bersagli con una gittata superiore ai 20.000 chilometri. Sono sufficienti questi due elementi per capire che nella parata svoltasi a piazza Tienanmen, in occasione dell’ottantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, è stata confermata l’esistenza di un ordine mondiale alternativo a quello occidentale. Ambizioso, autosufficiente, capace di investire, specie nell’ambito energetico e militare, e quindi di attrarre, come confermato dalla presenza di 26 leader provenienti da vari Paesi del mondo, in primis dal Sud-Est asiatico e dall’Asia centrale, ma anche dall’Europa.

Il messaggio di Xi Jinping

D’altronde, è stato questo il cuore del messaggio lanciato dal presidente cinese, Xi Jinping: «Oggi l'umanità deve nuovamente scegliere tra pace e guerra, dialogo e scontro», ha detto prima di passare in rassegna tutte le truppe presenti a bordo di una limousine nera decappottabile, circondato da una folla di 50.000 persone. Xi ha inoltre sottolineato che «solo trattandosi reciprocamente come pari, vivendo in armonia e sostenendosi a vicenda, tutti i Paesi e le nazioni possono mantenere la sicurezza comune, eliminare le cause profonde della guerra e impedire il ripetersi di tragedie storiche». In questo senso, Xi ha voluto anche ribadire come «la Cina è una grande nazione che non si lascia mai intimidire da nessuna forza bruta» e, anzi, «il grande rinnovamento della nazione cinese è inarrestabile».

Il gasdotto Power of Siberia 2

Così, oltre a missili, caccia, armi strategiche terrestri, marittime e aeree, attrezzature avanzate per la guerra di precisione e droni, ieri la Cina ha annunciato anche la costruzione di un nuovo grande gasdotto con la Russia, il Power of Siberia 2. L’accordo è stato firmato a Pechino alla presenza di Xi Jinping e del presidente russo, Vladimir Putin, dopo anni di negoziati. Si tratta di un gasdotto da 50 miliardi di metri cubi annui, destinato a trasportare gas dai giacimenti artici russi — gli stessi che un tempo rifornivano l’Europa — verso la Cina, attraverso la Mongolia. Certamente sostituire del tutto e in poco tempo i vecchi clienti, per Mosca, è arduo; tuttavia, dopo l’invasione dell’Ucraina e il crollo delle esportazioni verso l’Europa, la Russia ha bisogno di trovare nuovi sbocchi per il proprio gas e di mantenere un flusso costante di entrate energetiche, i cosiddetti “petrodollari”. Per Pechino l’obiettivo è duplice. Da un lato, è un’opportunità per rafforzare la propria sicurezza energetica, riducendo la dipendenza dal gas liquefatto — una volta completato, all’inizio degli anni Trenta, il Power of Siberia 2 coprirà circa un quinto del fabbisogno cinese, diventando un pilastro delle forniture nazionali. Dall’altro lato, Pechino vuole dimostrare come il piano statunitense di Trump di allontanare la Russia dalla Cina sia di difficile realizzazione. 

Il bilaterale Kim-Putin

L’intreccio di interessi energetici, militari e strategici è tale che oggi l’asse sino-russo non solo resiste alle pressioni esterne, ma si rafforza proprio in contrapposizione all’ordine mondiale a guida americana, come dimostrato tra domenica e lunedì al vertice della Shangai cooperation organization (Sco) tenutosi a Tientsin. Lo si è visto con la presenza alla parata dei presidenti di Armenia e Azerbaigian, che solo pochi giorni fa avevano siglato un accordo di pace a Washington. E ciò avviene  anche con un alleato chiave come la Corea del Nord. Il leader nordcoreano Kim Jong Un è arrivato a Pechino dopo un viaggio di venti ore poiché non ha voluto rinunciare a muoversi col treno blindato appartenente ai suoi predecessori, completamente antiproiettile e con una struttura capace di trasportare guardie del corpo, un’automobile e un elicottero, di resistere anche nel caso di un attacco bomba ma, proprio per questi motivi, incapace di superare i 90 chilometri orari. A margine della parata, Kim e Putin hanno avuto un bilaterale in cui il presidente russo, oltre a ringraziare pubblicamente Pyongyang per le armi e i combattenti inviati a sostegno della guerra in Ucraina, ha definito questa cooperazione una «lotta comune contro il nazismo moderno». Kim ha manifestato totale disponibilità a «fare tutto il possibile per aiutarvi» perché «lo considero un dovere fraterno». La reazione di Trump non si è fatta attendere: «Che il presidente Xi e il meraviglioso popolo cinese possano godere di una grande e duratura giornata di festa», ha scritto sul social network Truth, aggiungedo però di «porgere i miei più sentiti saluti a Vladimir Putin e Kim Jong Un, mentre cospirate contro gli Stati Uniti d’America».

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03 settembre 2025, 11:46