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La sede dell'Onu a New York La sede dell'Onu a New York

Onu, la revoca dei visti ai palestinesi contraria all'accordo con Usa

L'accordo di sede del 1947 con cui gli Stati Uniti ospitano la sede Onu prevede l'obbligo di tutelare i funzionari e favorire l'accesso al Palazzo di Vetro. "Le conseguenze delle tensioni politiche internazionali non possono ricadere sulle Nazioni Unite", spiega ai media vaticani Giuseppe Nesi, membro della Commissione del diritto internazionale dell'Onu

Stefano Leszczynski - Città del Vaticano

La revoca dei visti d'ingresso negli Usa per tutti i palestinesi introdotta dal Dipartimento di Stato americano colpisce anche gli oltre 80 funzionari palestinesi che devono raggiungere il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York e lo stesso presidente palestinese, Mahmoud Abbas. La decisione ha sucitato forti polemiche a livello internazionale con prese di posizione molto nette da parte dell'Unione europea e del presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa.

Un salto indietro nel tempo

"Non è la prima volta che accade una cosa del genere. - dichiara il professor Giuseppe Nesi, ordinario di diritto internazionale all'Università di Trento e membro del Commissione del diritto internazionale dell'Onu - In passato Washington ha fatto difficoltà a causa delle relazioni tese con Iran e Cuba, e poi c'è il caso emblematico del 1988, quando è stato impedito l'ingresso negli Usa a Yasser Arafat allora capo dell'Olp. In quell'occasione, tuttavia, per superare l'ostacolo si decise di trasferire a Ginevra, quindi in un'altra sede Onu, la riunione dei capi di Stato e di Governo che ogni anno si tiene abitualmente a New York nella terza settimana di settembre".

Ascolta l'intervista a Giuseppe Nesi

Gli obblighi per gli Stati che ospitano l'Onu

Come accade per tutti gli Stati che ospitano agenzie e organismi delle Nazioni Unite vengono siglati degli specifici accordi di sede. Quello con gli Stati Uniti risale addirittura al 1947. "L'Italia, ad esempio, lo ha riguardo alla FAO - prosegue Nesi -  oppure la Svizzera lo ha stipulato a sua volta per quel che riguarda la sede delle Nazioni Unite di Ginevra. In tutti gli Stati che ospitano un'organizzazione sia intergovernativa sia internazionale, si stipulano degli accordi che regolamentano i rapporti fra l'organizzazione e lo Stato e sono accordi che a volte prevedono anche dei privilegi e delle immunità per i delegati diplomatici che partecipano da parte di tutto il mondo ai lavori della organizzazione. Gli Stati Uniti, non fanno eccezione e come tutti i Paesi che ospitano sedi delle Nazioni Unite, hanno l'obbligo in base al diritto internazionale di adoperare tutti i possibili strumenti per favorire l'accesso delle delegazioni straniere agli stabili dell’Organizzazione”. 

Possibili soluzioni

Difficile che oggi si possa pensare a una soluzione come quella adottata nel 1988 con lo spostamento dei lavori dell'Assemblea generale in altri Stati, sia a causa degli altissimi costi che ciò comporterebbe a carico dell'Organizzazione e in secondo luogo per i tempi troppo stretti, appena tre settimane. "Tuttavia - spiega il giurista internazionale - ci sono altre azioni che potrebbero essere intraprese: una riguarda il ricorso ad un arbitrato internazionale tra Onu e Usa, e l'altra riguarda la possibile richiesta da parte del Segretario generale Antonio Guterres di un parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia, che è il principale organo giurisdizionale dell'Onu. Ma anche in questi casi i tempi sarebbero molto lunghi".

Una nuova ferita per il diritto internazionale

Difficile immaginare soluzioni nel breve periodo, anche perché tutto questo risente dell’incandescente clima politico internazionale e a poco sembra possa servire il fatto che diversi Stati hanno dichiarato di fronte a quello che sta avvenendo in Medio Oriente di essere pronti a riconoscere la Palestina come Stato. “Sono eventi che dimostrano l'esistenza di tensioni politiche internazionali delle quali però mi permetto di dire le Nazioni Unite non sono responsabili. – chiosa Giuseppe Nesi - Io credo che la responsabilità in queste circostanze sia tutta in capo agli Stati. Dovrebbero essere proprio loro ad agevolare l'operato dell'Onu e l'incontro di alto livello che, come tradizione da 80 anni a questa parte, si svolge a New York nella terza settimana di settembre”. L’auspicio del professor Nesi è dunque che tutti i membri della comunità internazionale, almeno per l’ottantesimo anniversario della fondazione delle Nazioni Unite, il prossimo 24 ottobre, comprendano l’importanza politica di questo storico anniversario, soprattutto nell’attuale contesto storico, e promuovano la più ampia partecipazione possibile alla celebrazione.

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02 settembre 2025, 10:02