Onu, la revoca dei visti ai palestinesi contraria all'accordo con Usa
Stefano Leszczynski - Città del Vaticano
La revoca dei visti d'ingresso negli Usa per tutti i palestinesi introdotta dal Dipartimento di Stato americano colpisce anche gli oltre 80 funzionari palestinesi che devono raggiungere il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York e lo stesso presidente palestinese, Mahmoud Abbas. La decisione ha sucitato forti polemiche a livello internazionale con prese di posizione molto nette da parte dell'Unione europea e del presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa.
Un salto indietro nel tempo
"Non è la prima volta che accade una cosa del genere. - dichiara il professor Giuseppe Nesi, ordinario di diritto internazionale all'Università di Trento e membro del Commissione del diritto internazionale dell'Onu - In passato Washington ha fatto difficoltà a causa delle relazioni tese con Iran e Cuba, e poi c'è il caso emblematico del 1988, quando è stato impedito l'ingresso negli Usa a Yasser Arafat allora capo dell'Olp. In quell'occasione, tuttavia, per superare l'ostacolo si decise di trasferire a Ginevra, quindi in un'altra sede Onu, la riunione dei capi di Stato e di Governo che ogni anno si tiene abitualmente a New York nella terza settimana di settembre".
Gli obblighi per gli Stati che ospitano l'Onu
Come accade per tutti gli Stati che ospitano agenzie e organismi delle Nazioni Unite vengono siglati degli specifici accordi di sede. Quello con gli Stati Uniti risale addirittura al 1947. "L'Italia, ad esempio, lo ha riguardo alla FAO - prosegue Nesi - oppure la Svizzera lo ha stipulato a sua volta per quel che riguarda la sede delle Nazioni Unite di Ginevra. In tutti gli Stati che ospitano un'organizzazione sia intergovernativa sia internazionale, si stipulano degli accordi che regolamentano i rapporti fra l'organizzazione e lo Stato e sono accordi che a volte prevedono anche dei privilegi e delle immunità per i delegati diplomatici che partecipano da parte di tutto il mondo ai lavori della organizzazione. Gli Stati Uniti, non fanno eccezione e come tutti i Paesi che ospitano sedi delle Nazioni Unite, hanno l'obbligo in base al diritto internazionale di adoperare tutti i possibili strumenti per favorire l'accesso delle delegazioni straniere agli stabili dell’Organizzazione”.
Possibili soluzioni
Difficile che oggi si possa pensare a una soluzione come quella adottata nel 1988 con lo spostamento dei lavori dell'Assemblea generale in altri Stati, sia a causa degli altissimi costi che ciò comporterebbe a carico dell'Organizzazione e in secondo luogo per i tempi troppo stretti, appena tre settimane. "Tuttavia - spiega il giurista internazionale - ci sono altre azioni che potrebbero essere intraprese: una riguarda il ricorso ad un arbitrato internazionale tra Onu e Usa, e l'altra riguarda la possibile richiesta da parte del Segretario generale Antonio Guterres di un parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia, che è il principale organo giurisdizionale dell'Onu. Ma anche in questi casi i tempi sarebbero molto lunghi".
Una nuova ferita per il diritto internazionale
Difficile immaginare soluzioni nel breve periodo, anche perché tutto questo risente dell’incandescente clima politico internazionale e a poco sembra possa servire il fatto che diversi Stati hanno dichiarato di fronte a quello che sta avvenendo in Medio Oriente di essere pronti a riconoscere la Palestina come Stato. “Sono eventi che dimostrano l'esistenza di tensioni politiche internazionali delle quali però mi permetto di dire le Nazioni Unite non sono responsabili. – chiosa Giuseppe Nesi - Io credo che la responsabilità in queste circostanze sia tutta in capo agli Stati. Dovrebbero essere proprio loro ad agevolare l'operato dell'Onu e l'incontro di alto livello che, come tradizione da 80 anni a questa parte, si svolge a New York nella terza settimana di settembre”. L’auspicio del professor Nesi è dunque che tutti i membri della comunità internazionale, almeno per l’ottantesimo anniversario della fondazione delle Nazioni Unite, il prossimo 24 ottobre, comprendano l’importanza politica di questo storico anniversario, soprattutto nell’attuale contesto storico, e promuovano la più ampia partecipazione possibile alla celebrazione.
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