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La conferenza stampa per il premio Colombe d'oro per la pace 2025 La conferenza stampa per il premio Colombe d'oro per la pace 2025

Colombe d’oro per la pace, premiati tre giornalisti palestinesi

Si è tenuta presso la Federazione Nazionale Stampa italiana la conferenza stampa relativa al Premio giornalistico internazionale Archivio Disarmo – Colombe d’oro per la pace 2025. Il prossimo 18 ottobre a Roma il Premio per la sezione mass media sarà consegnato a tre giornalisti palestinesi: Aya Ashour, Alhassan Selmi e Fatena Mohanna, tuttora a Gaza in attesa di visto per l’Italia

Stefano Leszczynski – Città del Vaticano

Fra i disastri della guerra di Gaza un posto speciale spetta alla strage dei giornalisti: ne sono stati uccisi 200 dall'autunno del 2023 ad oggi. Le stragi delle ultime settimane sono emblematiche. Della prima è stato vittima Anas al-Sharif, reporter tra i più noti di Al Jazeera, accusato dagli israeliani di essere al servizio di Hamas; la seconda, un doppio bombardamento contro l'ospedale Nasser, ha falciato la vita di 22 persone, tra cui 4 operatori sanitari e 5 giornalisti accorsi al primo colpo di cannone sparato da un tank israeliano.

I giornalisti, testimoni scomodi

Gli attacchi sistematici da parte dell'esercito mostrano la volontà di Tel Aviv di impedire la diffusione di notizie sulle azioni di guerra effettuate nella Striscia. Questa strategia è confermata dalla chiusura della sede di Al Jazeera in Cisgiordania e dalla proibizione all'ingresso degli stessi media occidentali. Più problematici da colpire, i giornalisti europei e americani potrebbero fornire notizie su quanto accade a Gaza in termini di blocco degli aiuti di cibo e medicine alla frontiera, spostamenti forzati della popolazione, attacchi mortali ai civili. Nel presentare le motivazioni dei premi assegnati, Fabrizio Battistelli presidente di Archivio Disarmo, ha osservato che "da sempre nelle guerre gli eserciti cercano di rallentare il lavoro dei giornalisti e reindirizzarlo secondo i propri obiettivi. Ma prenderli come bersaglio in queste proporzioni non si era mai sentito. Così come è inaudito che un esercito regolare estenda i combattimenti alla popolazione civile".

Ascolta l'intervista con Fabrizio Battistelli

A Gaza siamo bersagli

“Noi giornalisti cerchiamo di fare il possibile e non so chi sarà il prossimo a essere ucciso, perché qui i giornalisti sono un bersaglio. – dice in collegamento dal nord di Gaza, Alhassan Selmi , uno dei giornalisti premiati con la Colomba d’oro per la pace 2025 - E non sono nemmeno sicuro se riuscirò a portare la mia gratitudine e la mia testimonianza all’Italia, oppure se la guerra sarà più veloce di me. Chi fa il giornalista a Gaza oggi non lo fa per mestiere, lo fa per responsabilità e senso del dovere nei confronti di tutti coloro che soffrono per questa guerra”.

I diritti negati

Tomaso Montanari, rettore dell'università per stranieri di Siena ha ottenuto dal ministero degli Esteri il visto che consente alla giornalista Aya Ashour di lasciare Gaza per studiare in Italia. Dichiara Montanari: “In questo drammatico momento, il premio ad Aya Ashour e agli altri due giornalisti palestinesi è un segno importante e prezioso, perché sottolinea la fondamentale necessità di avere un racconto libero e professionale dal cuore stesso del genocidio”. La stessa Aya Ashour, ha rivendicato il diritto all’informazione, ma ha aggiunto: “Un altro diritto importante e calpestato ed è quello dell’educazione. Studenti e bambini a Gaza stanno vivendo inimmaginabili difficoltà nel portare avanti il proprio percorso di studi e la propria formazione. Soltanto l’opinione pubblica internazionale può spingere i governi a porre fine alla guerra e ai danni indicibili, fisici e morali, che porta con sé”. In questo momento a Gaza ci sono almeno un centinaio di giovani studenti assegnatari di borse di studio all’estero che non possono lasciare la Striscia di Gaza, dove sono intrappolati.

La vergogna di essere vivi

Aya Ashour ha 24 anni e a Gaza ha lasciato la sua famiglia: padre, madre e la sorellina di 6 anni Rhula. Lei è l’unica della famiglia ad aver ottenuto un visto per partire. Le notizie della sua famiglia arrivano a intermittenza. “È molto difficile trovare un minimo di connessione internet a Gaza. – racconta Aya - E quando so che c’è stato un bombardamento vicino al luogo in cui la mia famiglia è sfollata cerco di contattarli in tutti i modi, anche attraverso altri conoscenti, ma il più delle volte i miei messaggi li ricevono dopo molto tempo”. La cosa che le pesa di più da quando è stata ‘esfiltrata’ da Gaza due mesi fa “è la vergona di essere sopravvissuta, mentre tanti amici e colleghi muoiono ogni giorno”. Ogni volta che mangia una pietanza o ritrova uno sprazzo di normalità in Aya si risveglia il senso di colpa pensando a ciò che le persone stanno passando a Gaza. La sua famiglia è stata sfollata ormai sette volte e adesso ha trovato un rifugio provvisorio a Dayr al-Balah.

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04 settembre 2025, 09:00