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La devastante frana in Darfur La devastante frana in Darfur

Emergenza nel Darfur. Tarasin tra frana e guerra

Nella regione del Sudan, dopo la catastrofe naturale che ha causato mille morti, continuano le ricerche dei dispersi tra difficoltà logistiche e mancanza di risorse. Un disastro “senza precedenti”, secondo le autorità locali, di cui c’è solo un superstite e che si inserisce nel contesto del conflitto in corso da due anni nel Paese

Pietro Piga – Città del Vaticano 

Nel villaggio che non c’è più, ci sono i morti. A Tarasin, nel Darfur Centrale, provincia del Sudan occidentale, si cercano, recuperano e seppelliscono le vittime della frana di domenica scorsa, 31 agosto: mille, ma potrebbero essere di più. La speranza, remota, è che aumenti il numero dei superstiti, uno solo al momento, stando alle dichiarazioni del Movimento di Liberazione del Sudan. “La portata e l’entità del disastro sono immense e sfidano ogni descrizione”, sono le dichiarazioni del leader del gruppo, Abdel-Wahid Nour. Dai monti Marrah giunge l’appello per gli aiuti internazionali, perché al maltempo e alle difficoltà logistiche – l’area è accessibile solo a piedi o con gli asini – si somma la scarsità di risorse. “Questa è una catastrofe senza precedenti”, è la denuncia del governatore regionale del Darfur, Minni Arko Minnawi.

I soccorsi

Mentre proseguono le piogge torrenziali, le Nazioni Unite, insieme ad altri partner, si stanno mobilitando per rispondere alle richieste di aiuto, sostenendo la rete di supporto nel villaggio di Tarasin, a più di 900 chilometri dalla capitale Khartoum, dove, da oltre due anni, le comunità sono rimaste isolate, “private di un’adeguata assistenza e trascurate dagli operatori umanitari”, secondo Medici Senza Frontiere. La risposta umanitaria è stata un “buco nero”, sostiene la ong, a causa della guerra civile che nel Paese, dall’aprile 2023, stanno combattendo le Forze Armate Sudanesi (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF). Il conflitto, è la denuncia di Unicef, sta intralciando e mettendo a rischio le attività delle organizzazioni non governative, come dimostra l’attacco a un convoglio del Programma alimentare mondiale dell’ONU a Mellit, nel Darfur Settentrionale, il 20 agosto scorso, oltre che peggiorando la “tragedia devastante”.

Le altre vittime

Prima della catastrofe naturale, i monti Marrah, dove si trova Tarasin, sono stati il rifugio per gli sfollati interni (40 milioni in totale) dal sud-ovest di el-Fasher, uno dei centri del conflitto e tra le roccaforti delle SAF. Intanto, i combattimenti non cessano: ieri, riporta Sudan Tribune, una stazione dei trasporti pubblici nel mercato di Mellit è stata il bersaglio di un drone delle Forze Armate Sudanesi, che ha ucciso 13 persone. Proprio all’indomani della frana, invece, le RSF hanno bombardato el-Fasher, uccidendo 18 civili e ferendone più di 100, ha stimato Sudan Doctors Network. Altri morti che si aggiungono agli oltre 40.000 dei mesi precedenti in un Paese martoriato dalla carestia e da un conflitto, sui cui la Corte penale internazionale sta indagando per crimini di guerra e contro l’umanità. E che adesso, da domenica scora, cerca, recupera e seppellisce altre vittime in un villaggio che non c’è più.

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03 settembre 2025, 12:09