Myanmar, ancora vittime nella guerra dimenticata che dilania il Paese
Valerio Palombaro - Città del Vaticano
Mentre i militari al potere dal 2021 in Myanmar hanno indetto per il 28 dicembre le prime elezioni generali, che saranno boicottate dall’opposizione in un contesto in cui la stessa giunta non controlla ampie parti di territorio, la sanguinosa guerra civile che dilania il Paese asiatico non accenna a cessare.
Lo stato di Rakhine tra bombe e carestia
Almeno 12 persone sono morte e 20 sono rimaste ferite in un attacco aereo della giunta militare su Mrauk U, una città controllata dai ribelli nello stato occidentale di Rakhine che si trova sull’orlo della carestia. Un abitante, citato dalle agenzie di stampa, ha raccontato che tra le 12 vittime c’erano i suoi nipoti sepolti tra le macerie della loro casa. La giunta controlla solo tre dei 17 comuni nella zona costiera del Rakhine, al confine con il Bangladesh, dove sta cercando di guadagnare terreno prima delle elezioni di dicembre. In questa regione gli scontri sono in particolare attivi tra l’esercito e i ribelli dell’Arakan Army. Entrambe le parti sono accusate di atrocità in una regione dove una persona su cinque è sfollata a causa della guerra. L’Onu ha riferito che il 57% delle famiglie nella parte centrale del Rakhine non è in grado di soddisfare i propri bisogni alimentari di base, in aumento rispetto al 33 per cento di dicembre, denunciando che la situazione potrebbe essere «molto peggiore» in altre aree meno accessibili.
I rischi per la cattedrale di Taungngu
Ma la crisi umanitaria causata dal conflitto è molto grave anche negli Stati ai confini orientali del Paese. Mentre nel centro del Myanmar, una delle aree dove i militari hanno mantenuto maggiormente il controllo territoriale, da alcuni giorni si registra una questione aperta riguardante la diocesi di Taungngu. Secondo un documento inviato ai leader religiosi locali, il governo intende demolire la chiesa del Sacro Cuore, cattedrale di Taungngu, insieme a 19 templi buddhisti, nell’ambito dei lavori per riportare alla luce il sito dell’antica città del XVI secolo di Toungoo-Ketumati. Sacerdoti e fedeli locali hanno espresso dissenso e timore che la loro cattedrale venga abbattuta e, come riferisce l’agenzia Fides, auspicano che la Conferenza episcopale del Myanmar possa intervenire chiedendo ufficialmente alla giunta di preservare l’edificio di culto.
Le Chiese colpite dai raid
Quella Taungngu è solo l’ultima vicenda che vede coinvolta la minoranza cristiana nell’ambito del conflitto. «Hanno distrutto le mura della chiesa ma non la fede», ha dichiarato sempre all’agenzia Fides Lucius Hre Kung, vescovo della diocesi di Hakha, nello stato di Chin, visitando in questi giorni le rovine della chiesa di Cristo Re a Falam, distrutta nell’aprile scorso da bombardamenti aerei dell’esercito. «La fede resta salda, il popolo di Dio a Falam continua a credere e sperare. I fedeli ricostruiranno la chiesa di Cristo Re, tutti daranno il loro contributo», ha assicurato il presule.
Sempre nello stato nord-occidentale di Chin, l’esercito del Myanmar lo scorso febbraio ha colpito con raid aerei la città di Mindat, danneggiando anche la chiesa cattolica del Sacro Cuore di Gesù. Questa chiesa avrebbe dovuto essere la cattedrale dell’omonima neonata diocesi, eretta il 25 gennaio scorso. Secondo un’organizzazione locale per i diritti umani, dallo scoppio della guerra civile 4 anni e mezzo fa almeno 107 edifici religiosi, tra cui 67 chiese, sono stati distrutti solamente nello stato di Chin da bombardamenti dell’esercito.
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