Migranti, partita la missione della nuova nave di Mediterranea
Beatrice Guarrera - Città del Vaticano
Una nuova nave per "migliorare le missioni di soccorso in mare". Così don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans, a colloquio con i media vaticani, descrive Mediterranea Ship, la nuova imbarcazione dell'ong, che ha iniziato ufficialmente la sua missione sabato 16 agosto, dopo l’ incontro simbolico al largo di Trapani, con la Mare Jonio.
Raddoppiare la solidarietà
Si tratta di una nave più grande di quella usata precedentemente, che permette di ospitare sia più equipaggio e sia di salvare più persone. A bordo della nave è presente, inoltre, un ospedale per prestare dunque il primo soccorso ai migranti che vengono recuperati dalle acque. L’inizio della missione della nuova imbarcazione "è un passaggio importante nella storia di Mediterranea" che permetterà di "raddoppiare la solidarietà", afferma don Mattia. Il giorno della partenza erano presenti anche rappresentanti di Sea Eye – l’organizzazione che in passato ha gestito la nave – in un passaggio di testimone simbolico ma fondamentale, che testimonia la continuità della missione di salvataggio.
Le relazioni, un aspetto costitutivo
Quello della collaborazione "è uno degli elementi strutturali di Mediterranea" — continua il cappellano — che nasce nel 2018 proprio come piattaforma della società civile, e dunque "le relazioni sono un aspetto costitutivo" dell’ong. Durante l’inaugurazione della nuova imbarcazione, don Mattia Ferrari si è collegato in video con la nave «Med 25 Bel Espoir», con a bordo giovani delegati delle diocesi del Mare Nostrum, "a rappresentare concretamente ancora una volta questa relazione che c’è tra Mediterranea Saving Humans e il cammino che stanno percorrendo le Chiese e le società del Mediterraneo. Perché solo in questa visione, che possiamo definire come una sorta di cammino sinodale del Mediterraneo, — osserva il cappellano — si riesce veramente a vedere una prospettiva di speranza e di salvezza per il Mar Mediterraneo e per le Chiese".
Stragi causate dall'indifferenza
In questi giorni estivi sono tante le partenze di imbarcazioni di fortuna che cercano di raggiungere le coste italiane. “La situazione continua ad essere terribile e inaccettabile — lamenta don Mattia —. Abbiamo avuto pochi giorni fa questo ennesimo naufragio a sud di Lampedusa. Abbiamo visto per l'ennesima volta storie di un dolore straziante e per l'ennesima volta queste sono stragi causate dalla omissione di soccorso e dall'indifferenza. E' da dodici anni oramai che avvengono queste stragi continue nel Mediterraneo. Noi non possiamo continuare a voltarci dall'altra parte, l'indifferenza ci rende complici di questo".
Il grido dei nostri fratelli
I naufragi, però, sono solo una parte della tragedia, ha ricordato il sacerdote, perché intanto "continua incessantemente il fenomeno dei respingimenti". Quando le persone vengono catturate in mare, infatti, vengono poi respinte in Libia e in Tunisia. "Quello che avviene dopo il respingimento, lo sappiamo bene: in Libia ci sono i lager, i centri di detenzione. In Tunisia ci sono altre violenze indicibili, ci sono le deportazioni nel deserto e la vendita al confine con la Libia per il traffico di esseri umani". In questo quadro di grande sofferenza per i migranti, spinti sempre di più a rimanere invisibili, la sfida è dunque quella di prendersi cura, farsi carico degli emarginati, come fa Mediterranea Saving Humans: "Noi riceviamo ogni giorno sia dalla Libia sia della Tunisia telefonate, messaggi e videochiamate da queste persone che sono nostri fratelli e sorelle e che elevano quello che Papa Francesco ha definito un grido di fraternità. Chiedono solo — conclude il cappellano — che li riconosciamo come nostri fratelli e sorelle e che diamo carne a questa fraternità".
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