La Germania apre al riconoscimento dello Stato palestinese
Valerio Palombaro - Città del Vaticano
Anche la Germania apre al riconoscimento di uno Stato palestinese. Il ministro degli Esteri, Johann Wadephul, in partenza per una missione in Medio Oriente ha dichiarato ieri che il riconoscimento di uno Stato palestinese giungerà «alla fine di negoziati per una soluzione a due Stati», ma che «tale processo deve iniziare ora». Wadephul — che a Gerusalemme ha incontrato il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, mentre oggi a Ramallah ha in programma un incontro con il presidente palestinese Mahmoud Abbas — ha precisato che «Israele deve sempre trovare amici» in quanto rischia di rimanere isolato diplomaticamente «e se c’è un Paese che ha la responsabilità di impedirlo, a mio avviso è la Germania».
Un'iniziativa condivisa in Europa
Le aperture di Berlino si inseriscono sulla scia dell’iniziativa della Francia, che nei giorni scorsi ha promosso insieme all’Arabia Saudita una Conferenza alle Nazioni Unite per il riconoscimento dello Stato palestinese. In questo senso, da segnalare anche che la Slovenia ha annunciato che vieterà il commercio di armi con Israele. Lubiana è il primo Paese dell’Ue a prendere questa decisione per di quanto sta accadendo a Gaza.
A Gaza continui massacri
Non si fermano, intanto, le uccisioni nella Striscia. Almeno 10 palestinesi, secondo quanto riferito da fonti ospedaliere all’emittente Al Jazeera, sono stati uccisi dall’alba di oggi negli attacchi dell’esercito israeliano su Gaza. E almeno due delle vittime stavano aspettando gli aiuti umanitari vicino al Corridoio di Morag, a sud di Khan Younis. In questo attacco, riporta l’emittente, sono rimaste ferite più di 70 persone. Queste vittime si sommano alle circa 100 registrate ieri, molte delle quali vicino ai centri di distribuzione degli aiuti.
Il bilancio dell'Onu
Sono 1.373 i palestinesi uccisi dal 27 maggio, per la maggior parte dalle forze israeliane, mentre erano in attesa di ricevere aiuti. E' quanto si legge in una nota dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Tra questi, "859 erano nelle vicinanze dei siti della Gaza Humanitarian Foundation e 514 lungo le rotte dei convogli", viene specificato.
La posizione degli Usa
In questo contesto di fame e devastazione, l’inviato speciale degli Stati Uniti, Steve Witkoff, è arrivato stamane a Gaza per ispezionare un centro di distribuzione degli aiuti a Rafah, nel sud della Striscia, gestito dall’ente statunitense Gaza Humanitarian Foundation (Ghf). «Il modo più rapido per porre fine alla crisi umanitaria a Gaza è che Hamas si arrenda e liberi gli ostaggi», ha affermato ieri sera Trump scrivendo sul social media Truth. Ma Hamas per ora lascia la porta chiusa: «Siamo pronti a riprendere immediatamente i negoziati, non appena la crisi umanitaria e la fame a Gaza saranno terminate. Continuare i contatti in un periodo di carestia li rende inutili».
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