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Le violenze scoppiate nelle manifestazioni a Luanda Le violenze scoppiate nelle manifestazioni a Luanda  (ANSA)

Angola nel fuoco delle proteste

Oltre venti morti, circa 200 feriti e più di mille arresti a seguito delle violente manifestazioni di protesta scoppiate a Luanda e in altre città del Paese africano contro l’aumento dei prezzi del carburante. Ma il numero di vittime potrebbe essere molto più alto, come riferisce dalla capitale padre Luigino Frattin, della Società delle missioni africane: ?? stato raggiunto un punto di frustrazione, crisi sociale, mancanza di prospettive? soprattutto per i giovani

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Il bilancio ufficiale riporta di almeno 22 persone uccise, circa 200 ferite e oltre 1.200 arrestate per le violente manifestazioni di protesta scoppiate a inizio settimana in Angola contro l’aumento dei prezzi del carburante, accompagnate da saccheggi di negozi, in particolare di generi alimentari, e scontri con la polizia. Ma la gente parla di un numero di vittime «da moltiplicare per 10 anche se il dato non può essere verificato», riferisce dalla parrocchia del Buon Pastore a Luanda padre Luigino Frattin, sacerdote italiano della Società delle missioni africane, in Angola dal 1999.

Ascolta l'intervista con padre Luigino Frattin

«È stato raggiunto un punto di frustrazione, crisi sociale, mancanza di prospettive per il futuro, soprattutto da parte dei giovani», spiega il missionario originario del trevigiano. «A manifestare sono soprattutto i giovani, i cosiddetti “marginali”, che non hanno prospettive, che si vedono senza futuro, esclusi dal mondo del lavoro, dalla scuola, da quel benessere che comunque altri qui hanno». La decisione del governo all’inizio di luglio di aumentare i prezzi dei carburanti, prima fortemente sovvenzionati, da 300 a 400 kwanza al litro (da 0,28 a 0,38 euro), ha provocato un forte malcontento nel Paese dell’Africa meridionale, con circa 30 milioni di abitanti, secondo produttore continentale di petrolio dopo la Nigeria, ma dove l’inflazione a giugno ha sfiorato il 20%: secondo la Banca mondiale, l’inflazione e la crescita debole dovrebbero mantenere la povertà a un livello elevato, intorno al 36% da qui al 2026.

Le manifestazioni a Luanda e in altre città

A Luanda negli ultimi giorni si sono sentiti colpi d’arma da fuoco negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, registrati anche più a sud, a Huambo, Benguela e Lubango, dove la polizia ha ammesso che un agente ha ucciso a colpi di pistola un sedicenne che con un gruppo di persone stava tentando di invadere la sede del Mpla, il partito al potere dall’indipendenza dal Portogallo nel 1975.

Sono state inizialmente le organizzazioni della società civile a chiamare alla mobilitazione, tre settimane fa. Sabato scorso 2.000 persone hanno partecipato a quella nella capitale per protestare contro il caro carburante e il suo impatto sul potere d’acquisto, denunciando la corruzione e scandendo slogan contro il presidente, João Lourenço, rieletto per un secondo mandato di cinque anni nel 2022. 

Successivamente, l’associazione dei tassisti (Anata) ha indetto uno sciopero di tre giorni a partire da lunedì, pur prendendo le distanze dalle violenze. «Di per sé lo sciopero è stato dichiarato dai tassisti, dal settore dei trasporti e non prevedeva alcuna manifestazione pubblica o corteo. Ma i giovani — racconta padre Frattin — sono venuti dalle periferie, dalla cintura enorme delle bidonville, dei quartieri popolari e si sono riversati nei centri commerciali, dove ci sono botteghe e supermercati, e hanno cominciato a scatenare l'assalto».

Secondo la ricostruzione del ministro dell’Interno, Manuel Homem, fornita al termine di un Consiglio dei ministri presieduto dal capo dello Stato, gruppi di rivoltosi hanno preso di mira supermercati e magazzini, portando via generi alimentari e merci e causando ingenti danni alle attività commerciali. 

Il malessere dei giovani

In questo quadro, le proteste potrebbero essere la spia di un più ampio malessere? «Certamente, non si tratta solo del caro vita, ma in generale della mancanza di prospettive. Secondo uno studio dell’Università cattolica di Luanda, il 50% dei giovani è disoccupato, un 25% è inserito nel mondo del lavoro e un altro 25% vive di espedienti, in un’economia sommersa, fatta per esempio di vendita di spazzolini da denti o carta igienica, per sbarcare il lunario», spiega il religioso che a Luanda con altri tre confratelli, un italiano, un nigeriano e un togolese, si occupa anche di portare avanti 4 scuole, per oltre 2.500 alunni.

In un comunicato, i partiti di opposizione Unita e Bloco Democrático hanno dichiarato che il Paese lusofono sta attraversando una «grave crisi economica e sociale», dovuta a politiche «lontane» dalla realtà. Il governo ha motivato la riduzione dei sussidi per i carburanti con gli sforzi, sollecitati dal Fondo monetario internazionale, per consentire il finanziamento di opere nel campo della sanità e dell’istruzione. «La gente – riferisce il missionario – dice: “Tutto questo va a nostre spese”, quando il salario si aggira attorno ai 70-80 euro al mese. Come può sopravvivere una famiglia se un sacco di riso da 25 kg costa 25 euro? E poi ci sono le spese per la scuola dei figli o per le cure sanitarie. I sacrifici imposti in questo momento sono percepiti come un’ingiustizia» rispetto a quella classe «che gode dei benefici dell’indipendenza, di un’economia di esportazione del petrolio, che ha le mani sulle terre, sulle imprese, sulle società».

Diverse ong, tra cui Amnesty international, hanno denunciato l’uso eccessivo della forza da parte della polizia contro i dimostranti. «Sono soprattutto adolescenti e giovani. Sui social circolano dei video, diffusi da società civile e testimoni, della polizia che spara, soprattutto di notte».

La lunga guerra civile

L’Angola fino al 2002 ha vissuto una lunga guerra civile, che ha provocato almeno mezzo milione di morti e quattro milioni di profughi: iniziata nel 1961 durante la lotta per l’indipendenza, è continuata dopo tra le forze del Mpla e quelle dell’Unita e del Fnla, in un intreccio di influenze per il controllo dei giacimenti petroliferi e il commercio dei diamanti. «Ma le risorse — aggiunge il missionario — ancora oggi sono tante, con interessi anche di altri Paesi, multinazionali, sulla terra, il rame, il ferro».

L'appello della Chiesa alla calma e al dialogo

La Conferenza episcopale di Angola e São Tomé ha invitato alla calma: il presidente, monsignor José Manuel Imbamba, arcivescovo di Saurimo, ha comunque sottolineato come nonostante i livelli di povertà e miseria registrati nel Paese non si possano condividere azioni legate al vandalismo e ai disordini, che minano il benessere sociale. Di qui un appello al dialogo, per riportare la situazione alla normalità. «La speranza è che si riprenda un clima di serenità e pace e che le cose cambino, che si rimetta un po’ in marcia l’economia», dice padre Frattin. E, ci tiene ad aggiungere, l’auspicio è che ciò avvenga presto perché «a breve», verso settembre, ma forse prima «a causa dei cambiamenti climatici», ricominceranno le piogge: «e sarà un inferno, tra acqua e fango».

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31 luglio 2025, 13:26