I 40 anni di OSA, al servizio dei più fragili
Sara Costantini - Città del Vaticano
Una storia che nasce dal coraggio, dalla fede nell’uomo e dal desiderio di restituire dignità a chi ne era stato privato. La Cooperativa OSA, Operatori Sanitari Associati diventa realtà nel 1985 da un piccolo gruppo di giovani medici, riunitisi in un garage alla periferia est di Roma, a Tor Vergata. Era un’epoca segnata dalla paura e dallo stigma legati all’AIDS, una malattia che allora condannava non solo alla sofferenza fisica, ma all’emarginazione sociale. Da quella scelta coraggiosa, maturata quasi per caso, è nata una realtà che oggi rappresenta un punto di riferimento della sanità italiana. Circa 50.000 persone assistite ogni anno, quasi 4.000 soci lavoratori, una rete capillare di centrali operative sul territorio: OSA ha fatto dell’assistenza domiciliare integrata la sua vocazione, costruendo un modello che unisce rigore scientifico, innovazione tecnologica e, soprattutto, umanità.
L’assistenza come vocazione
«Siamo fieri di quanto abbiamo costruito», ha detto Giuseppe Milanese, presidente e fondatore della Cooperativa, oggi anche presidente di Confcooperative Sanità. «Quella che poteva sembrare una scelta casuale si è rivelata una vera e propria vocazione: servire il malato, non solo curandone le ferite del corpo, ma ascoltando i suoi bisogni più profondi, accogliendo la sua fragilità con competenza e cuore». Gli operatori, costantemente formati, applicano protocolli sanitari aggiornati e modelli assistenziali evoluti, anche grazie alle tecnologie della telemedicina. Ma ciò che li distingue è la premura di vedere nel paziente non un caso clinico, ma una persona con un volto, una storia, una famiglia.
“Un ospedale da campo”
Importante è il resoconto sociale, presentato dalla Cooperativa, come atto di trasparenza e di responsabilità verso la comunità. Un documento che unisce il bilancio di un anno con il bilancio di una generazione intera, segnata dall’impegno per le persone più fragili. Il contesto attuale, segnato da guerre, crisi economiche e crescenti difficoltà per chi lavora nella sanità, rende ancora più preziosa questa testimonianza. A questo si aggiunge, come ha sottolineato la stessa comunità di OSA, un dolore che ha toccato profondamente tutti: la scomparsa di Papa Francesco, fonte di ispirazione per la Cooperativa, che lo aveva conosciuto nelle periferie di Buenos Aires. Le sue parole, la sua visione di una “Chiesa come ospedale da campo”, hanno accompagnato il cammino di OSA, rafforzandone l’identità. Nel solco della Dottrina Sociale della Chiesa, OSA ha incarnato in questi anni il principio di sussidiarietà che Pio XI, nell’enciclica Quadragesimo Anno, definiva con chiarezza: «È ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società ciò che le minori e inferiori comunità possono fare».
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