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Coltivazione di mais in Brasile Coltivazione di mais in Brasile 

Un’area di libero scambio per oltre 700 milioni di consumatori

L’intesa tra Ue e Mercosur è stata finalizzata a dicembre 2024 a Montevideo e, come ha dichiarato negli ultimi giorni il presidente del Consiglio europeo, António Costa, potrebbe essere firmata a dicembre prossimo, durante il vertice del blocco commerciale in Brasile. Antonella Mori, docente di Macroeconomia alla Bocconi e responsabile del programma America Latina dell’Ispi: l'accordo è un segnale che "sia l’Unione europea sia i Paesi del Mercosur sono pro-multilateralismo"

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Una «valenza» cruciale, un segnale che «sia l’Unione europea sia i Paesi del Mercosur sono pro-multilateralismo», secondo «l’idea che gli scambi commerciali dovrebbero essere regolati da criteri multilaterali e non sicuramente da più protezionismo bilaterale». Nel pieno della guerra commerciale dei dazi, Antonella Mori, docente di Macroeconomia all’università Bocconi di Milano e responsabile del programma America Latina dell’Ispi, legge così l’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e il Mercosur, il mercato comune dell’America Latina: l’intesa è stata finalizzata a dicembre 2024 a Montevideo e, come ha dichiarato negli ultimi giorni il presidente del Consiglio europeo, António Costa, potrebbe essere firmata a dicembre prossimo, durante il vertice del blocco commerciale in Brasile. La ratifica da parte dell’Ue potrebbe nel frattempo avvenire già prima dell’estate, secondo il commissario europeo all’Agricoltura, Christophe Hansen.

L'unione doganale

Il Mercosur «è un’unione doganale: vuol dire — spiega Mori — che i quattro Paesi fondatori, Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay hanno quasi completamente liberalizzato il commercio fra loro e hanno anche la stessa politica commerciale nei confronti del resto del mondo». La Bolivia, aggiunge, «è entrata in realtà solo da poco tempo e i negoziati per l’accordo tra Unione europea e Mercosur in effetti sono stati portati avanti con i quattro Paesi fondatori. La Paz successivamente potrà decidere di entrare in questo accordo, ma all’inizio non ci sarà».

Ascolta l'intervista con Antonella Mori

La docente della Bocconi vede possibile una chiusura definitiva dell’intesa entro il 2025 e fa notare che «solo il capitolo commerciale — tenendo presente che l’accordo è molto più ampio — è di competenza» istituzionale dell’Unione europea: per la ratifica «basta cioè la decisione del Consiglio europeo e del Parlamento europeo, mentre per tutti gli altri capitoli, come il dialogo politico o l’intensificazione della cooperazione, ci dovrà anche essere un’approvazione dei singoli Paesi membri». Tra i Ventisette, osserva la responsabile del programma America Latina dell’Ispi, permangono ancora «alcune perplessità, per esempio da parte della Francia, che è sempre stato uno dei Paesi più critici sulla questione agricola insieme alla Polonia e all’Irlanda» anche se, riflette, i tre Stati da soli «non sarebbero sufficienti per bloccare la ratifica dell’accordo, per la quale è prevista una maggioranza qualificata».

Il nodo del contrasto al cambiamento climatico

Dopo oltre vent’anni di negoziati, iniziati nel 1999, per la parte commerciale l’accordo prevede «una liberalizzazione progressiva, più veloce per i Paesi dell’Unione europea e un po’ più lenta per gli altri, di quasi tutti i prodotti: nel settore agricolo alcuni di essi avranno ancora delle limitazioni, ma per gli altri settori industriali in realtà la liberalizzazione sarà quasi completa». Tra i nodi dell’accordo, oltre al rafforzamento del commercio strategico, c’è anche il contrasto al cambiamento climatico, con degli impegni chiari per fermare la deforestazione. Su tale punto in questi anni si sono registrati non pochi attriti. «Nella versione precedente dell’accordo, negoziato nel 2019, la parte sulla deforestazione era molto più debole e inoltre in quel momento in Brasile — che è centrale per la lotta alla deforestazione e ai cambiamenti climatici — c’era alla presidenza Jair Bolsonaro, che non aveva particolare attenzione a questi temi. Oggi è diverso sia perché in Brasile c’è il presidente Luiz Inácio Lula da Silva, sia perché sulla carta ci sono stati degli impegni più forti».

Le tensioni sulle questioni agricole

Molti agricoltori europei si sono però detti contrari all’accordo commerciale tra Ue e Mercosur, temendo che una liberalizzazione degli scambi possa danneggiare i produttori del Vecchio Continente e aprire la strada all’importazione di prodotti agricoli meno sostenibili e competitivi. «I quattro Paesi hanno un’agricoltura molto efficiente, anche se vengono appunto accusati di usare tuttora delle sostanze chimiche che in Ue non sono più autorizzate. In teoria l’accordo prevede che tutto quello che non è lecito produrre in Europa non potrà essere importato. Ovviamente dovranno essere fatti dei controlli per la tracciabilità e credo che oggi, a differenza di 25 anni fa, quando iniziarono i negoziati, le nuove tecnologie dovrebbero permetterli, verificando il rispetto delle misure sanitarie e fitosanitarie imposte agli agricoltori europei, perché è giusto che sia così». C’è anche da dire, va avanti l’esperta, che «gli agricoltori del Brasile, dell’Argentina ma anche dell’Uruguay e del Paraguay in realtà oggi esportano molto di più verso la Cina: Pechino è il principale acquirente e in futuro avrà sempre più bisogno di comprare i prodotti alimentari dall’America Latina, come pure l’India. Quindi non dovrebbe esserci questo timore di un’“invasione” dei prodotti agricoli dal Mercosur nell’Ue». È vero anche che i produttori agricoli europei, che sono «tendenzialmente più piccoli», temono il rischio «di tale concorrenza perché comunque in Sud America, pensiamo al Brasile o all’Argentina, ci sono delle estensioni agricole enormi». Al contempo, gli europei «hanno delle esportazioni di prodotti agricoli trasformati: cioè l’Ue non esporta la soia o il grano bensì la trasformazione del grano». Da oltre oceano, dunque, «continueranno ad arrivare le carni, il pollame, pure se la liberalizzazione è stata controllata, limitata», mentre l’Ue potrà esportare maggiormente, «perché i dazi attualmente sono alti», prodotti come il vino, i formaggi, «che hanno un valore aggiunto»: uno dei punti dell’accordo infatti «riguarda le indicazioni geografiche di prodotti trasformati, che vengono protette».

I dazi Usa e il mercato cinese

Nell’analizzare la «valenza» del patto, la docente si sofferma poi sulle attuali politiche commerciali di Stati Uniti e Cina, che stanno imponendo dazi doganali reciproci «sempre più alti», con gli Stati Uniti che in generale «lo stanno facendo nei confronti del resto del mondo». L’intesa Ue - Mercosur metterà insieme «un’Unione europea che ha 450 milioni di abitanti e un Mercosur che ne ha quasi 300»: nascerebbe dunque una delle aree di libero scambio più grandi al mondo, «sia come livello di Pil sia come popolazione, con una trentina di Paesi, 27 più 4». Ma in realtà, ci tiene a precisare Mori, i Paesi coinvolti sarebbero molti di più, una sessantina, «perché l’Unione europea, una volta formalizzato l’accordo con il Mercosur, avrebbe praticamente liberalizzato il commercio con quasi tutti i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, che sono 33, tranne che con Cuba e il Venezuela».

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06 giugno 2025, 13:32