Gaza, la società civile si mobilita per sostenere i bambini colpiti dalla guerra
Federico Piana- Città del Vaticano
Nord di Gaza, notte fonda. I cupi rumori di morte dei bombardamenti si avvicinano alla casa della famiglia della piccola Rawan. Mamma e papà riescono a mettersi in salvo mentre, per i soccorritori, la bambina di dieci anni rimasta intrappolata sotto le macerie non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere. Sua madre si rifiuta di arrendersi ed il padre scava a mani nude tra i detriti fumanti: finalmente riescono ad abbracciarla, è ferita, coperta dalla polvere, ma il suo cuore ancora batte. Non importa in che mese e in che giorno sia accaduto perché tutto questo rappresenta la sintesi emblematica del dolore e della disperazione nella quale sono piombati i bambini della Striscia.
Traumi profondi
«Sebbene sia sopravvissuta fisicamente, Rawan ha subito un trauma emotivo molto profondo perché, insieme alla sua famiglia, è stata costretta ad estenuanti trasferimenti tra le tende di Deir al, Balah e Khan Younis senza avere più una casa, una stabilità e un senso di sicurezza». Heyam Hayek conosce bene questa ragazzina dai capelli scuri e lo sguardo profondo: è stata lei ad accoglierla, come direttrice generale, nelle strutture di Spark for innovation and creativity, un’organizzazione palestinese indipendente fondata nel 2018 con lo scopo di sostenere bambini, giovani ed adolescenti attraverso programmi che integrano tecnologia, istruzione, arte e consapevolezza ambientale. Ricorda con dolore che «nei primi giorni in cui ha partecipato alle nostre sedute di supporto psicosociale, Rawan è rimasta silenziosa, in disparte, appariva quasi esitante. Raccontava che la notte si svegliava piangendo, colta dal panico. Con il tempo, ha trovato sollievo disegnando e narrando storie».
Percosi di guarigione
Ora la piccola sopravvissuta ha intrapreso un percorso di guarigione lungo e difficile ma che l’ha portata a non aver più paura dei fantasmi del passato anche se la sua vita a Gaza rimane appesa ad un sottile e fragile filo. In una delle più devastanti ondate di distruzione che hanno raso al suolo decine di infrastrutture culturali ed educative, Spark ha perso diversi laboratori e centri di assistenza costati soldi e sudore. «Ma non ci siamo fermati — spiega Hayek—. Oggi gestiamo due centri di apprendimento e sostegno, uno a Gaza City e l’altro a Deir al Balah, dove continuiamo a coinvolgere bambini, genitori e giovani in attività educative, psicosociali e di costruzioni di competenze».
Spazi sicuri
Le attività dei 7 membri dello staff e dei 25 volontari dell’ Ong palestinese si estendono fin dentro il cuore dell’inferno: quei maledetti campi d’accoglienza tirati su in fretta e furia tra fango e macerie che ospitano migliaia di sfollati che ora non hanno più nemmeno un tozzo di pane. È qui che, in spazi sicuri e dedicati, i minori possono giocare ed esprimere liberamente le loro emozioni, godere di piccoli momenti di gioia, assaporare per un po’ la normalità della vita. Hayek la definisce «una resistenza morbida, una speranza ostinata, una lotta per la vita e contro la violenza cieca. Il nostro lavoro con i bambini è diventato un’ àncora di salvezza in mezzo alla devastazione» .
Desideri e sogni
Ogni giorno sul suo taccuino per gli appunti la direttrice generale di Spark annota uno per uno i sogni dei bambini di Gaza. E sono sempre gli stessi: «Tornare a scuola, vivere in una casa sicura, giocare liberamente. I ragazzi più grandi aspirano a completare la loro istruzione, trovare un lavoro stabile e vivere in pace nella loro patria». Desideri difficili da realizzare in un contesto nel quale la società civile è costretta ad operare sotto una pressione crescente: numerose organizzazioni umanitarie hanno perso i loro uffici a causa dei bombardamenti ed altre non sono in grado di funzionare per i costanti tagli all’elettricità e alle difficoltà nelle comunicazioni.
Programmi coinvolgenti
Heyam Hayek ammette che «lavorare a Gaza con una guerra in corso è come navigare in un campo minato. Non esistono zone veramente sicure ma noi facciamo del nostro meglio per adattare i contenuti dei nostri programmi alle risorse effettivamente disponibili coinvolgendo anche le famiglie considerandole parte attiva in tutto il processo di aiuto. La sofferenza dei bambini non può essere separata dalle esperienze dei loro genitori: ecco perché Spark fornisce alle mamme ed ai papà anche la possibilità di un piccolo sostentamento economico coinvolgendoli in micro attività di riciclaggio o giardinaggio domestico».
Appello alla comunità internazionale
Poi aggiunge una lista di cinque necessità urgenti per le quali lancia un appello alla comunità internazionale: garantire la consegna regolare e sicura degli aiuti umanitari; sostenere l’istruzione di emergenza affinché i bambini continuino ad imparare nonostante la distruzione delle scuole; finanziare programmi di sostegno psicosociale; sostenere la società civile che è la più vicina alle persone ed in grado di rispondere alle loro esigenze; esercitare pressioni per porre fine all’impunità dei responsabili. Perché la vera guarigione non può certo avvenire in assenza di giustizia.
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