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Il luogo dell'attentato al senatore colombiano Miguel Uribe Turbay a Bogotá Il luogo dell'attentato al senatore colombiano Miguel Uribe Turbay a Bogotá  (ANSA)

Colombia, il ritorno delle violenze mina la stabilità democratica

Dopo l'attentato a Miguel Uribe Turbay, il senatore e pre-candidato per il partito conservatore Centro democratico alle presidenziali del 2026 gravemente ferito sabato a Bogotá, in Colombia si vive ?un momento di grave tensione?: si rischia ?di compromettere quel clima di serenità minimale necessario per vivere l’appuntamento decisivo, per la vita politica del Paese, delle elezioni dell’anno prossimo?, spiega lo storico Gianni La Bella

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Lotta tra la vita e la morte in ospedale Miguel Uribe Turbay, il senatore e pre-candidato per il partito conservatore Centro democratico alle presidenziali del 2026 in Colombia, gravemente ferito sabato scorso in un attentato a colpi d’arma da fuoco nel pieno di un evento politico, alla periferia di Bogotá. L’attentatore, un quindicenne, ha cercato di fuggire subito dopo aver sparato ma è stato ferito a una gamba dagli uomini della scorta di Uribe ed è poi stato arrestato: dopo essere stato sottoposto ad un’operazione, il giovane — di cui non è stata resa nota l’identità perché minorenne — nel corso degli interrogatori si è dichiarato non colpevole. Secondo quanto rivelato dalla procuratrice generale, Luz Adriana Camargo, il ragazzo, che è stato incriminato per tentato omicidio e porto e fabbricazione di arma da fuoco, probabilmente era stato ingaggiato da una «rete di killer a pagamento» e non conosceva i mandanti. Nelle ultime ore una seconda persona è stata incriminata.

Attentati e insicurezza

Mentre proseguono le indagini, il presidente Gustavo Petro ha parlato di «indizi molto forti» che ad agire contro il proprio oppositore politico sia stata la «mafia internazionale». Da subito non è stata esclusa la mano della criminalità organizzata, in un intreccio con il narcotraffico e le fazioni guerrigliere ancora attive nel Paese, in un momento peraltro in cui si registra un’ondata di violenza in particolare nel sud-ovest del Paese, causa della morte negli ultimi giorni di almeno 8 persone in oltre venti attacchi nel Cauca e nella Valle del Cauca. Situazione tesissima anche nella regione occidentale di Nariño, dove dopo l’uccisione di un leader indigeno, è stato schierato l’esercito. 

Ascolta l'intervista con Gianni La Bella

L’attentato a Uribe appare come «un pericolo serio per il futuro della stabilità sia democratica sia pacifica della Colombia, proprio perché avvenuto quando si registrano scontri in varie regioni, con addirittura bombe lanciate nella periferia di Cali», riflette Gianni La Bella, docente di Storia contemporanea all’università di Modena e Reggio Emilia. «È quindi un momento di grave tensione che si sta acutizzando e rischia di compromettere quel clima di serenità minimale necessario per vivere l’appuntamento decisivo, per la vita politica del Paese, delle elezioni dell’anno prossimo». Lo storico, che per la Comunità di Sant’Egidio ha seguito direttamente il lungo percorso che ha portato all’accordo di pace del 2016 tra governo di Bogotá e Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) e che ha avuto modo di incontrare il presidente Petro il mese scorso a Roma — «il giorno prima del suo incontro con Papa Leone XIV» — ritiene che in questo momento sia «molto importante che tutte le forze sociali, politiche, i partiti di governo, quelli di opposizione abbiano cuore e mente ferma e lucida per evitare che l’ondata di violenza si trasformi in una disgregazione politica, con un ritorno a climi di insicurezza sociale che il Paese ha sperimentato purtroppo per tantissimi anni».

L'ombra della violenza politica

All’inizio della campagna elettorale presidenziale, hanno fatto notare gli analisti, sul Paese è tornato a volteggiare il fantasma della violenza politica, come avveniva negli anni Ottanta-Novanta, all’epoca dei sicari del boss del narcotraffico Pablo Escobar e dei cartelli di Medellín e Cali, ma anche negli anni della guerra tra il governo e le Farc. «I paragoni sul piano storico sono sempre difficili da maneggiare, pure se ci sono delle analogie», fa notare La Bella. «In quegli anni lo scontro era tra lo Stato e quello “Stato nello Stato” che era il “grande partito” dei narcotrafficanti, il cartello di Medellín, il cartello di Cali che si erano alternati nel “sogno paradossale” di riuscire a governare il Paese e a trasformare la Colombia nel “paradiso” del commercio della droga internazionale. A sua volta, questo scontro si era amplificato, con i vari movimenti guerriglieri che, in quell’epoca storica, erano al massimo della loro potenza politica e militare». Oggi però, aggiunge, il problema è diverso.

«La presidenza Petro aveva iniziato il suo mandato sotto l’egida di quel programma di raggiungimento di una “pace totale” che voleva dire, nell’intento del capo dello Stato, negoziare con gli ex guerriglieri delle Farc, con l’Eln (Esercito di liberazione nazionale, ndr) e con vari gruppi della criminalità, per riuscire a dare al Paese una pace appunto “totale”. Questi dialoghi — osserva — non hanno però preso forma: alcuni sono iniziati ma non hanno trovato il ritmo giusto, come in particolare quello con l’Eln, che è clamorosamente fallito. Evidentemente tutto ciò pesa in questo momento di incertezza». Oltre al periodo di forte crisi economica, il docente dell’università di Modena e Reggio Emilia vede «una polarizzazione come nel passato — e qui richiama l’analogia — che potrebbe essere distruttiva: gli estremismi sia da una parte sia dall’altra in questo momento rischiano davvero di far naufragare di nuovo la Colombia e di rigettarla nell’abisso dello scontro politico e della violenza politica come arma di consenso». 

Un conflitto latente

In questo momento i lavori in Senato sono fermi, in segno di solidarietà con Uribe, ma nelle ultime settimane il presidente Petro ha scelto lo scontro frontale con le opposizioni per far passare la sua riforma del lavoro, dal rafforzamento dei diritti sindacali agli aumenti di paga per i turni notturni. Mercoledì scorso ha firmato il decreto con cui chiede la convocazione di un referendum popolare al riguardo. La Bella intravede «da una parte una spinta al dialogo, alla riconciliazione e al potenziamento di quelli che sono gli strumenti della conciliazione e dall’altra l’essere trascinati nei sentieri di sempre, dello scontro frontale con le opposizioni o con chi non è disposto ad accettare fino in fondo i provvedimenti e le indicazioni governative». E individua nella polarizzazione odierna «una delle forme particolari, quasi latinoamericane, di quella guerra a pezzi di cui parlava Papa Francesco: in Colombia — ricorda — non c’è una guerra, c’è un conflitto sociale e culturale latente ormai da quasi 70 anni, ma che se non ricomposto rischia di deflagrare» in un contesto in cui, aggiunge, «a differenza di altri Paesi, in Colombia le armi si trovano nel “bar di fronte”». E la provenienza, riferiscono rapporti d’intelligence rilanciati dalla stampa internazionale, è principalmente da Stati Uniti ed Europa, via Centro America.

Tante ferite da sanare

In tale contesto la sicurezza «si sta deteriorando molto, soprattutto nelle zone rurali, Cauca, Nariño e altri dipartimenti, in cui il problema è anche dato dalla scarsa presenza istituzionale dello Stato, sia nelle sue forme educative, scuole, presidi sanitari, ma anche nelle sue articolazioni di sicurezza, commissariati, presenza militare, servizi di polizia. Sono dunque territori che finiscono per essere terra di nessuno o terra di conquista da parte di queste forze eversive, queste bande politiche e di delinquenza comune assieme». D’altra parte, evidenzia, in Colombia esistono «varie forme e declinazioni di violenza: c’è quella politica, quella comune, quella sociale, quella legata a inique condizioni del mondo del lavoro: è un Paese che è segnato da molte ferite che vengono da un lungo periodo». C’è poi una ulteriore ferita, mette in risalto La Bella: «Un dolore sordo che attraversa la società colombiana, frutto di quella guerra civile ibrida che si è prodotta dalla fine degli anni Cinquanta e che ha fatto sì che ogni colombiano sia stato toccato, in forma diretta o indiretta, dal fenomeno degli scontri con le guerriglie, con il narcotraffico», che ha prodotto «una grossa componente di rancore». Non a caso La Bella richiama l’invito rivolto da Papa Francesco ai colombiani, nel corso del suo viaggio nel Paese latinoamericano del 2017, a voltare pagina e a vivere la pace come l’inizio di una loro nuova indipendenza dallo scontro, dal rancore e dalla vendetta, ripudiando ogni forma di violenza.

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13 giugno 2025, 13:22