"Pax et bonum", quale ruolo per il diritto internazionale nella costruzione della pace
Guglielmo Gallone - Città del Vaticano
«Ci sono ancora tantissime persone che credono che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Persone che anche a rischio della vita si spendono per fare qualcosa di bello e di bene per l’altro». È da questa speranza che il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, ha inaugurato il convegno “Pax et Bonum. Costruire la pace per il bene comune, sulla via del diritto internazionale”. Tenutosi l’8 giugno a Roma nella sala San Pio X, in chiusura del Giubileo delle Associazioni e dei Movimenti, promosso dall’Azione Cattolica Italiana, dal Forum Internazionale di Azione Cattolica (fiac) e dall’istituto Toniolo, l’incontro ha riunito esperti e testimoni da tutto il mondo per riflettere sul ruolo del diritto nella costruzione della pace, accompagnando l’iniziativa internazionale “Un minuto per la Pace”.
Il ruolo dei governi democratici
Dopo i saluti istituzionali di Roberto Gualtieri, sindaco di Roma, Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale Aci e Istituto Toniolo, e di Eva Fernández Mateo, coordinatrice del segretariato Fiac, il cardinale Pizzaballa ha sottolineato come «parlare di pace sembra quasi fuori luogo. Le istituzioni politiche e, ahimè, anche quelle religiose nel nostro contesto sono state e sono incapaci di intercettare il bisogno di pace per queste popolazioni. Forse è anche tempo di aggiornare queste convenzioni, tenendo presente il contesto nel quale ci si trova. Come intervenire?», ha concluso il patriarca. Su queste basi si è svolto il convegno, moderato da Sandro Calvani, presidente del consiglio scientifico dell’istituto Toniolo, che ha subito evidenziato come «il diritto ha bisogno di un più convinto appoggio dei governi democratici e della creazione di un Parlamento mondiale che metta i diritti del genere umano sopra gli egoismi delle nazioni». Eppure, nella “terza guerra mondiale a pezzi” più volte evocata da Papa Francesco, i governi democratici sembrano sempre più in difficoltà e gli egoismi delle nazioni sembrano ormai aver preso il sopravvento. Come fare? Secondo Isabel Trujillo, docente di Filosofia del diritto a Palermo, non bisogna smettere di guardare all’Europa, definita «un laboratorio di integrazione attraverso il diritto». Ciò su cui bisogna lavorare, ha aggiunto la docente, è la «trasformazione della sovranità», cioè su «quale sia la finalità della cessione della sovranità. Non è detto che sia quella di creare uno Stato sovrano europeo, cioè un’entità sovranazionale con le stesse prerogative degli Stati sovrani europei. Questo significherebbe restare ancorati al paradigma di Westfalia che aveva portato alle guerre mondiali. Il progetto europeo, da una esigenza concreta di pace, propone un cambiamento».
L'ombra del nucleare
E su questa esigenza ha riflettuto Rafael Grossi, direttore generale dell’Aiea, l’agenzia internazionale per l’Energia atomica: «In alcuni Paesi che finora hanno rispettato gli obblighi di non proliferazione si stanno aprendo dibattiti sulla possibilità di dotarsi di armi nucleari», perciò «dobbiamo rinnovare il nostro impegno a rispettare le leggi internazionali, strumenti fondamentali a garantire la pace». In effetti, Monica Lugato, professoressa di diritto internazionale presso l’università lumsa, e Nicoletta Dentico, esperta di cooperazione e diritti umani per la Society for International Development (sid), hanno ribadito che «il punto centrale del nostro incontro risiede proprio nell’infedeltà a quelle norme che gli Stati si sono dati» secondo cui «l’interesse nazionale ha prevalso sul diritto internazionale». Al contrario, ha proseguito Lugato, «la pace che il diritto internazionale vuole costruire è quella sotto il dominio del diritto, nata da quell'esigenza radicale avvertita dopo secoli di guerre: salvare le future generazioni. Un cammino, un punto di passaggio, non di arrivo».
Quali difficoltà nella costruzione della pace
Che, però, non sempre sembra essere sufficiente. La storia lo dimostra, come ricordato da monsignor Pero Sudar, già vescovo ausiliare di Sarajevo, che ha denunciato la paralisi della Bosnia-Erzegovina a trent’anni dagli accordi di Dayton. Perciò Vincenzo Buonomo, delegato pontificio presso la Pontificia Università Urbaniana, ha concluso facendo riferimento ai princìpi suscitati proprio dal beato Giuseppe Toniolo: «La pace si costruisce attraverso un impegno costante e fattivo, fatto di opere. A sessant’anni dalla Gaudium et Spes, diritto, verità e giustizia devono tornare elementi fondativi della società». Su questo spirito, quando è calato il sole su Roma, le parole hanno lasciato spazio ai gesti. Alle 21, da via dell’Ospedale e lungo via della Conciliazione, è partita la fiaccolata per la pace. A piazza Pia è stato consegnato al comune di Roma uno dei dodici ulivi che verranno piantati a Villa Pamphili. Come luce che resiste, come radice che cresce.
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