杏MAP导航

Cerca

"SicutErat", diario di una fede semplice in un'Italia pretecnologica

In un volume della Libreria Editrice Vaticana, lo scrittore Paolo Malaguti raccoglie gli articoli della serie uscita per "L'Osservatore Romano", un viaggio delicato, ironico all'interno di un mondo che vive la religione in modo intimo e familiare, specchio di una società contadina, legata a valori e tradizioni. La prefazione è di Andrea Monda: "Una bella storia, una storia commovente"

Eugenio Murrali - Città del Vaticano

C'è una grazia antica nella scrittura di Paolo Malaguti, che in SicutErat. Il Mistero in dialetto: storia di una fede piana (Città del Vaticano, LEV, 2025, pagine 144) tesse il racconto del suo incontro con la religione. L'autore è nato nel 1978, appartiene quindi a una generazione di cerniera, che ha potuto conoscere, attraverso i nonni e i genitori, un mondo analogico, preinformatico e la successiva rivoluzione digitale nella quale siamo immersi. I testi che compongono il volume sono una macchina del tempo e grazie alle capacità narrative dell'autore trasportano chi legge dentro un piccolo universo che riempie di sorriso e nostalgia chi ha vissuto quegli anni e può, d'altro canto, ingenerare fascinazione e magia in chi si accosti a queste pagine da figlio dell'era digitale. Dopo aver accennato nell'introduzione a una certa freddezza delle lezioni a scuola o al catechismo, "dove la religione appariva più stirata e linda, ma anche più noiosa", Malaguti definisce la fede domestica: "Invece la religione dei miei nonni era fatta di stupore, di apparizioni, di diavoli e ostie sanguinanti di misteri e pranzi in famiglia... e vinceva a mani basse".

Il "latinorum" e il dialetto

Il mistero, la fantasmagoria di questa fede familiare umile, ma potente, passava anche attraverso le meravigliose oscurità del linguaggio: "Il dialetto dei nonni, invece, era una fiamma incerta e fumigante che animava i significati, li faceva vibrare, proprio perché non si lasciavano mai afferrare del tutto". E dalle storpiature nascono ritratti teneri e umoristici, ma sempre rispettosi, di una devozione autentica. Racconta Malaguti, a proposito della formula latina "eia ergo" del Salve Regina: "Il meglio però arrivava dopo con E-ià-eiò [...] Era dialetto veneto, la fonetica era quella, il era chiaramente un già. Ma come inserirlo nel resto della frase? Per un po' di tempo ho pensato che si dovesse tradurre con 'e già è ora', un invito a fare presto, a muoversi, perché la fine dei tempi è ormai prossima. Confesso di avere vissuto come un tradimento la scoperta, al ginnasio, dell'Eia ergo: dunque anche lì c'era la norma, anche lì la grammatica con le sue dure leggi! [...] Se, però, mi capita di canta un Salve Regina, non mi trattengo. Ma non è mancanza di rispetto, è affetto per mia nonna". 

Credere per amore

La dimensione dell'amore familiare, di generazioni che, pur distanti, trovano strategie naturali di intesa, segrete vie di comunicazione, è uno degli aspetti preziosi del libro. C'è un affidamento nell'amore, espresso in molte pagine, e perfettamente sintetizzato dall'autore nell'introduzione: "Non capivo tutto, e continuo a non capirlo, ma la semplice prossimità, la constatazione della validità di certe cose per le persone che amavo, mi bastava per stare a mia volta bene, e per farmele andare bene. Questa credo può essere una buona definizione di fede: credere a qualcosa per amore di qualcuno. E tutto sommato è una bella esperienza da fare".

Paolo Malaguti, i racconti di una fede familiare e semplice

Le "ziesuore" 

Nella cosmogonia familiare di Malaguti, ci sono anche due "ziesuore", Luigina e Matilde, sorelle della nonna. Sorriso e dolcezza si alternano anche nel racconto delle visite a queste due figure, con i loro regali, con le sensazioni legate a quegli incontri, i doni che sembravano venire da tempi lontanissimi. Da tutto, Malaguti sa cogliere l'arricchimento. la lezione per il presente: "E ora che, come tanti, combatto con il tempo sempre scarso, penso che era bello andare a trovare la ziasuora: l'edificio era grande e malinconico, ma era caldo e c'era un buon odore di cibo nell'aria. Durante la visita era come se uscissi dal presente per tornare all'infanzia. Alla fine la zia, nel salutarci diceva: 'prego per voi'. Noi ci incamminavamo col cuore più leggero, ma fatti tre passi, la ziasuora ci richiamava indietro e, con fare complice, ci infilava qualcosa in mano... Caramelle all'orzo". 

I fioretti di maggio

Nel rileggere il tempo dell'infanzia, Malaguti sa dare il valore a quei piccoli impegni che la religione richiedeva, in particolare a maggio, sotto forma di fioretti: "'Fai un fioretto per la Madonna'. Con questa postilla ogni compito assumeva un che di nobile e di inderogabile". Spiega, Malaguti, nell'intervista: "Sulla carta si trattava di una cosa noiosa, perché si trattava di uscire con i genitori o con i nonni, con altri adulti, non poter giocare. Ma c'erano altri elementi positivi: si recitava il rosario all'aperto, spesso in prossimità di un capitello, a volte in campagna. C'erano anche dei vantaggi concreti, forse banali per gli adulti, ma non per un bambino. Ogni tanto potevo ambire ad avere una corona del rosario di quelle che si illuminavano al buio". Dentro questi racconti, che sono a volte portati avanti con tono giocoso, prende forma la serietà e la profondità di una radice fondante, che accompagna nella vita. 

L'Azione Cattolica

C'è stata poi, nella vita di Malaguti e di molti, l'Azione Cattolica Ragazzi. Un ambiente in cui si poteva vivere senza la pressione che caratterizzava altre situazioni: "Gli anni decisivi sono stati quelli del ginnasio, per certi aspetti faticosi, era un ambiente competitivo, che mi faceva paura. Andare a scuola non era un momento sereno. Nello spazio dell'Azione Cattolica ho trovato un luogo di non giudizio, di accoglienza, di confronto tra pari, in cui mi divertivo. Col senno del poi, quando sono diventato insegnante, uno dei tentativi che ho fatto e faccio è quello di fare dell'aula un luogo di lavoro, di fatica, ma non di paura".  

La pietà popolare

I temi trattati nel libro di Malaguti, sono stati più volte toccati anche da Papa Francesco. Nel suo viaggio apostolico ad Ajaccio, in Corsica,  alla , il predecessore di Papa Leone XIV aveva detto: "La pietà popolare, esprimendo la fede con gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale e di festa". Ed è forse proprio di questa devozione del popolo, incarnata nella storia dei semplici, così indispensabile per la vitalità ecclesiale, che questo libro ci parla.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

22 maggio 2025, 13:30