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In Pakistan palazzi distrutti dagli attacchi aerei indiani In Pakistan palazzi distrutti dagli attacchi aerei indiani  (ANSA)

Un'altra notte di tensioni tra India e Pakistan

Lo scontro va avanti via aerea attraverso il lancio di missili e droni. Tensione anche lungo la linea di controllo che funge da confine sul Kashmir. Nella parte indiana del Kashmir il bilancio è salito a 13 civili morti e 59 feriti

Guglielmo Gallone - Città del Vaticano

Non è la prima volta che l’India risponde militarmente ad attacchi terroristici da parte di gruppi armati accusati di essere sostenuti dal Pakistan. Eppure, l’operazione Sindoor avviata mercoledì sera contro quelli che New Delhi ha definito “nove siti terroristici” in Pakistan si differenzia rispetto ai precedenti del 2016 e del 2019 per almeno tre motivi.

Un'operazione intensa e coordinata

Il primo: l’attacco sembra aver coinvolto tutte e tre le forze armate indiane, ossia esercito, marina e aeronautica, il che fa pensare a un’operazione intensa e coordinata. Questa mattina l’esercito pakistano ha dichiarato di aver «abbattuto 25 droni di fabbricazione israeliana» inviati dall’India verso il suo suolo attraverso «mezzi tecnici ma anche con risposte armate», mentre il ministero della Difesa indiano ha detto di aver neutralizzato droni e missili lanciati nella notte da Islamabd. Anche lungo la linea di controllo che funge da confine sul Kashmir è stata un’altra notte di schermaglie, in cui soldati indiani e pakistani si sono scambiati colpi d’arma da fuoco. Questa mattina il ministro degli Esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar, ha chiarito di non avere «intenzione di aggravare la situazione» ma ha aggiunto che «se ci dovessero essere attacchi militari contro l’India, la risposta sarà molto, molto ferma». 

Non solo il Kashmir

E qui entra in gioco un secondo fattore che rende tanto inedita quanto complessa l’operazione Sindoor, ossia il fatto che essa ha avuto come obiettivi non solo il Kashmir, bensì anche altre località tra cui la città di Bahawalpur, dove è stata colpita una moschea, centrali elettriche e dighe, ampliandone la portata rispetto alle precedenti. Da parte pakistana, i dati di ieri sulle vittime non sono finora stati aggiornati, restando a 26 civili morti, mentre oggi il ministero degli Esteri indiano ha riferito che il bilancio del fuoco pakistano nella parte indiana del Kashmir è salito a 13 civili morti e 59 feriti.

Il contesto internazionale

C’è infine da considerare che l’escalation tra potenze nucleari si verifica in un contesto internazionale multipolare e frammentato: dopo gli attacchi, New Delhi ha informato i partner più stretti, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, dando così una chiara idea dello scacchiere internazionale entro cui intende muoversi e facendo capire come intende reagire a quelle che ritiene minacce terroristiche provenienti dal Pakistan. Di riflesso, le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. Il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Philemon Yang, si è detto «profondamente preoccupato» per l’escalation chiedendo «a entrambe le parti la massima moderazione e un’immediata de-escalation». Gli Stati Uniti, la Cina e la Russia hanno ribadito la necessità urgente di una de-escalation. La Turchia ha parlato di «rischio di guerra totale», mentre l’Alta rappresentante dell’Ue per la politica estera, Kaja Kallas, ha «condannano l’atroce attacco terroristico di Pahalgam, nel Jammu e Kashmir, del 22 aprile, e l’uccisione di civili innocenti» invitando «entrambe le parti a dar prova di moderazione, ad allentare la tensione e ad astenersi da ulteriori attacchi per salvaguardare le vite dei civili da entrambe le parti». Nel mezzo, il Kashmir, conteso da queste due potenze nucleari almeno dal 1947, colmo di un’identità culturale propria, con una popolazione a maggioranza etnica d’origine dardica e indoariana e una tradizione di convivenza interreligiosa, continua a restare col fiato sospeso nella speranza di non entrare a far parte della “terza guerra mondiale a pezzi” che Papa Francesco non si è mai stancato di condannare.

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08 maggio 2025, 12:23