Sport e solidariet¨¤, Di Meco: ¡°In carcere ho trovato pi¨´ umanit¨¤ che fuori¡±
Roberta Barbi - Città del Vaticano
Lo chiamano ¡°futsal¡± dalla contrazione dei termini ¡°futbol¡± e ¡°salon¡±, per indicare un gioco che si fa al chiuso, ma in realtà è il vecchio calcetto, così definito per distinguerlo dal più nobile genitore; per gli amanti dei tecnicismi è il ¡°calcio a cinque¡±. E non potrebbe essere giocato più ¡°al chiuso¡± di così dalla Libertas Stanazzo, la squadra della casa circondariale di Lanciano, Chieti, che anche quest¡¯anno si cimenterà in tutto il campionato di serie D. In casa, ovviamente, per motivi di sicurezza: ¡°È una grande soddisfazione per tutti noi, ma per me la soddisfazione più grande è vedere le loro facce soddisfatte, quelle dei detenuti¡±, racconta a Radio Vaticana - Vatican News ±ô¡¯²¹±ô±ô±ð²Ô²¹³Ù´Ç°ù±ð Alessio Di Meco, come ogni anno a inizio stagione impegnato nel reclutamento e nelle pratiche dei nuovi tesseramenti. Si sa, in una casa circondariale il turn over dei ristretti è più veloce.
Le ore di allenamento: ore di libertà
Mister Di Meco ci sa fare con i suoi ragazzi, che lo seguono con attenzione e passione: ne sono prova le due Coppe Disciplina che hanno vinto da quando è lui a guidare la panchina e il prestigioso Pallone d¡¯oro ricevuto dalla Lega nazionale dilettanti. Sono questi gli obiettivi che la Libertas Stanazzo si pone: ¡°Sono obiettivi che riusciamo a raggiungere se siamo capaci di far vedere fuori il nostro cambiamento, o almeno la volontà di essere socialmente reinseribili - afferma l'allenatore - poi la tecnica è un¡¯altra cosa, è lì che si decide il risultato¡±. Eppure, da quando c¡¯è lui, hanno sfiorato due volte la promozione in serie C e non si sono mai piazzati al di sotto del terzo posto. Ma l¡¯importante, per questi giocatori, non è solo giocare a calcio, imparare dallo sport a seguire le regole e rispettare gli altri - obiettivo che si pone il progetto di sport e sociale ¡°Mettiamoci in gioco¡± da cui è nato tutto - ma soprattutto giocare: ¡°Dico sempre loro di non rinunciare mai, il martedì e il giovedì, a quelle sei ore di libertà che regalano gli allenamenti - afferma Di Meco - non si tratta tanto e solo di giocare, ma di non pensare alla routine che in un posto come il carcere si ripete sempre uguale a se stessa¡±.
Un colpo di fulmine che viene da lontano
Purtroppo la storia a lieto fine di Mister Di Meco ha radici nel dolore peggiore che si possa vivere, quello per cui non esiste una definizione: la perdita di un figlio. Alessio perde il suo, di 17 anni e amante del calcio, nel 2005; gli dedica un¡¯associazione con cui fa del bene, unica via per curare l¡¯incurabile. Con ¡°Gli amici di Marcello¡±, un giorno si trova a donare defibrillatori e uno viene destinato all¡¯istituto di pena di Lanciano: qui viene avvicinato per il suo passato da allenatore perché quello della Libertas Stanazzo sta per andarsene. Siamo arrivati al 2017, e il resto è una lunga storia di meriti sportivi: ¡°Non sono tutti meriti miei - scherza ¨C ricordo ancora la prima volta che sono arrivato in carcere, non c¡¯ero mai entrato prima e come tutti avevo i miei pregiudizi, che si sono abbattuti uno dopo l¡¯altro. Oggi non ho alcuna difficoltà ad allenare i detenuti, anzi, qui ho trovato un¡¯umanità maggiore di quella che spesso si trova fuori e certamente in tutta questa vicenda ho ricevuto più io da loro che loro da me¡±.
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