Malattie rare ancora troppo dimenticate: pazienti lasciati soli
Roberta Gisotti ¨C Città del Vaticano
Sono oltre 6 mila le malattie rare, censite dall¡¯Organizzazione mondiale della sanità, di cui soffrono ¨C si stima ¨C 400 milioni di persone nell¡¯intero pianeta. Per massima parte, all¡¯80 per cento, sono patologie di origine genetica, spesso croniche e mortali, che colpiscono minoranze della popolazione. La definizione di rarità - ovvero il limite di diffusione - cambia però da Paese a Paese. Nell¡¯Unione europea, dove si definisce rara una malattia che colpisce meno di 1 individuo su 2000, si ipotizza siano 30 milioni i cittadini colpiti. In Italia - secondo la rete Orphanet - sarebbero 2 milioni i pazienti ¡®rari¡¯, per il 70 per cento bambini.
Ogni vita umana è unica
¡°Ogni vita umana è unica, e se la malattia è rara o rarissima, prima ancora è la vita ad esserlo¡±, così ricordava Papa Francesco, ricevendo lo scorso 30 aprile, i genitori e volontari dell¡¯associazione ¡°Una vita rara¡±, una delle tante sorte negli ultimi (decenni), oltre 115 quelle italiane consorziate nelle rete Uniamo, che partecipa all¡¯alleanza dell¡¯Organizzazione europea per le malattie rare (Eurordis), nata nel 1997, riferimento oggi di 837 associazioni, attive in 70 Paesi nei cinque continenti, a sostegno dei pazienti e delle loro famiglie.
Integrare salute e assistenza sociale
Da qui l¡¯idea di lanciare la Giornata delle malattie rare, celebrata la prima volta nel 2008, volutamente in una data ¡®rara¡¯ che capita ogni quattro anni, il 28 febbraio e da allora fissata l¡¯ultimo giorno di questo mese anomale nel calendario ordinario. Arrivata alla 12 edizione, la Giornata 2019 è incentrata sul tema "Integrare salute e assistenza sociale¡±, perché seppure passi avanti siano stati fatti dal 1993 - quando la malattie rare sono state dichiarate dalla Commissione europea una priorità di Sanità pubblica ¨C molto resta ancora da fare per migliorare la vita quotidiana di questi pazienti ¡®rari¡¯. Azioni e servizi da gestire e coordinare, a partire dal come procurarsi i medicinali, come somministrarli o assumerli anche in luoghi diversi dalla propria abitazione, all¡¯accesso a visite mediche, a terapie fisiche riabilitative e abilitative, all¡¯uso di attrezzature specialistiche, a come rafforzare i supporti sociali e di ¡®sollievo¡¯ alle famiglie.
Le malattie rare prendono oggi luce per richiamare tutti alla solidarietà con i malati, come raccomanda Valentina Bottarelli, direttore Relazioni istituzionali di Eurordis
R. - A causa di questa bassa prevalenza si sa poco della maggior parte delle malattie e spesso sono mal diagnosticate ¨C cinque anni in media per arrivare alla prima diagnosi ¨C e i sintomi, le disabilità sono spesso mal riconosciuti nei sistemi sanitari e in quelli sociali. Quando poi la diagnosi è possibile la stragrande maggioranza delle malattie rare non ha una cura. Si parla di un 5% delle malattie conosciute esistenti che ha una vera e propria cura; per il resto si tratta di trovare delle strategie di cura o dei sostegni che spesso dovrebbero venire dai servizi sociali, che non sempre sono in grado di assicurare.
Nel 1993 è stato segnato un traguardo importante per le malattie rare, in quanto sono state riconosciute nell¡¯ambito dei Paesi dell¡¯Unione Europea una priorità di Sanità pubblica. Ma i governi hanno poi risposto?
R. - Da allora si è arrivati ad avere 25 piani nazionali per le malattie rare. Ma spesso le misure di questi piani non sono messe in pratica, quindi c¡¯è ancora molto lavoro da fare! Si è andati un po¡¯ avanti, nel senso che Centri specializzati per la cura e il trattamento delle malattie rare sono riconosciuti in vari Paesi d¡¯Europa. Da qualche anno a questa parte questi Centri specializzati si sono uniti in reti europee di riferimento, una tappa importante a livello europeo, perché permette agli esperti di quasi tutti i campi clinici di entrare in comunicazione fra loco, scambiare informazioni, analizzare casi di pazienti attraverso consultazioni virtuali ed arrivare ad una migliore diagnosi e ad una migliore cura per i pazienti anche se si trovano in un altro Paese europeo.
Uno degli aspetti più critici è proprio la ricerca su queste malattie rare, perché - si arriva facilmente a capirlo - rendono poco sul piano di un ritorno economico per le case farmaceutiche, essendo pochi i pazienti per ogni farmaco cosiddetto ¡®orfano¡¯
R. - 20 anni fa è stato adottato a livello europeo il regolamento per i medicinali orfani, uno dei primi strumenti legislativi ad essere adottato proprio per far fronte a questo problema, riconoscendo che il numero limitato di pazienti per ogni malattia non fosse un incentivo sufficiente allo sviluppo di nuove terapie, e prevedendo quindi una serie di altri incentivi fra cui l¡¯esclusività per dieci anni del brevetto alle industrie che sviluppassero terapie in questo campo. Ciò si è rivelato un successo, nel senso che a seguito della legislazione si è arrivati ad un numero più importante di medicinali: da allora, 150 medicinali esistenti, anche grazie agli incentivi della legislazione.
Il problema è che non sempre queste medicine raggiungono i pazienti, perché se la ricerca e poi l¡¯approvazione dei medicinali avviene a livello centralizzato in Europa, poi quando si tratta di metterli sul mercato allora la decisione riguardo il prezzo e sull¡¯effettiva disponibilità viene fatta a livello nazionale. Questo fa sì che anche fra i Paesi europei non ci sia la stessa possibilità di accesso a queste terapie. Per completezza è bene dire anche che l¡¯Unione Europea ha aumentato i fondi per la ricerca clinica per le malattie rare; con tutto ciò, le terapie sono per un numero limitato di malattie e la maggior parte dei pazienti deve trovare le proprie strategie per andare avanti nella vita di tutti i giorni. La complessità dei bisogni fa sì che spesso la persona o la sua famiglia deve svolgere una serie di attività semplicemente per sapere a chi rivolgersi, quali sono i servizi che potranno aiutarlo. Per questo insistiamo molto sul bisogno di colmare il divario fra la salute e l¡¯assistenza sociale, un maggior sostegno a livello di occupazione e di supporto da parte dei servizi socio-sanitari, ma anche il riconoscimento di essere assenti dal lavoro per dare sostegno ad uno dei propri cari che è malato. C¡¯è molto da fare perché non c¡¯è ancora questo legame tra la diagnosi, la cura e l¡¯assistenza.
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