笔别谤ù, i vescovi contro la recente legge di amnistia: si rischia l’impunità
Sara Costantini - Città del Vaticano
Una netta opposizione alla legge di amnistia, recentemente promulgata in Perù, è stata espressa in una nota da dodici tra diocesi e giurisdizioni ecclesiali del Paese, tra cui l’arcidiocesi primaziale di Lima, e la Caritas nazionale. Tale norma consentirebbe la libertà a membri delle forze armate, della polizia nazionale e dei comitati di autodifesa coinvolti, tra il 1980 e il 2000, nella lotta contro il terrorismo durante il conflitto armato interno. Un periodo segnato da violenze diffuse, attentati, massacri e sparizioni, con decine di migliaia di morti e dispersi, soprattutto tra le comunità più povere ed emarginate del Paese.
Ostacolo alla riconciliazione
Il documento evidenzia come tale legge rischi di ostacolare la riconciliazione e favorire l’impunità. L’amnistia è "contraria alla giustizia" perché favorisce l’impunità dei crimini contro l’umanità, "tra cui le sparizioni forzate, le esecuzioni extragiudiziali, le violenze sessuali e le torture". Delitti che hanno ricevuto sentenza definitiva dai tribunali nazionali e che sono riconosciuti come tali anche da convenzioni e sistemi internazionali di protezione dei diritti umani sottoscritti dallo Stato peruviano. La richiesta dei presuli alla classe politica è di evitare ogni rivalità e di avviare un cammino di “riconciliazione, sulla base della giustizia e della verità, per una pace duratura".
Promuovere verità e giustizia
Tale legge, indica la nota, "nega la dignità della persona e della sua stessa vita, e sminuisce la gravità della morte e dei crimini compiuti con crudeltà contro altri esseri umani". Pur riconoscendo ciò che le forze armate e la polizia nazionale fanno a protezione del bene comune, i pastori esprimono seria preoccupazione perché l’amnistia generalizzata "può permettere l’impunità di coloro che hanno commesso crimini nel passato e persino nel presente, violando gravemente i diritti umani". Il Perù, avvertono, non può, né deve, allontanarsi dai trattati internazionali sui diritti umani, sottoscritti e ratificati come espressione della sua sovranità e che garantiscono giustizia e tutela. In conclusione, i pastori riaffermano "l’impegno permanente della Chiesa ad accompagnare le vittime e i loro familiari" e la volontà di "collaborare, promuovere autentici processi di riconciliazione nazionale, che non escludano nessuno e che siano fondati sulla verità e sulla giustizia".
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