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Colonne di fumo si alzano dopo i bombardamenti israeliani su Gaza Colonne di fumo si alzano dopo i bombardamenti israeliani su Gaza   (AFP or licensors)

Zuppi: dire basta alla guerra è l'unica via

Il presidente della Conferenza Episcopale italiana è intervenuto oggi con un videomessaggio a un convegno a Ginevra, organizzato per il centenario di don Oreste Benzi nell'ambito dei lavori della 60ma Sessione del Consiglio diritti umani dell’Onu: “L’umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità”

Valerio Palombaro - Città del Vaticano

“Dire basta alla guerra è l’unica via per risolvere i conflitti”: “Non è da sognatori ma da realisti” ed è anche “la migliore consegna a chi verrà dopo di noi”. È il messaggio lanciato dal cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), in un video messaggio diffuso oggi a Ginevra alla conferenza “Basta guerre! Costruire la pace attraverso i diritti umani, lo sviluppo e la solidarietà internazionale”, organizzata presso la sede delle Nazioni Unite nella città svizzera, durante la 60ma Sessione del Consiglio diritti umani dell’Onu, per il centenario di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII (APG23).

Rendere l'Onu uno strumento adeguato

“尝’补产辞濒颈锄颈辞苍别 de facto della guerra”, secondo il porporato, è per certi versi insita nella nascita delle Nazioni Unite: “È la tradizione più antica e nobile dell’Onu – ha detto -, che sicuramente oggi ha tanto bisogno di manutenzione per essere uno strumento adeguato ai tempi”. “L’equilibrio delle forze – ha proseguito il cardinale - è sempre molto instabile e porta necessariamente alla sfida della forza”, quindi purtroppo “come sta succedendo molto più al riarmo che al disarmo”. Zuppi ha poi ricordato “la terza guerra mondiale a pezzi” evocata da Papa Francesco per dire che “ogni singolo pezzo ci deve interessare”. Il porporato ha quindi ricordato alcuni passaggi del discorso di Paolo VI alle Nazioni Unite del 4 ottobre 1965, poco prima della conclusione del Concilio Vaticano II, nel quale l’Onu venne definita “via obbligata della civiltà moderna” e nel quale venne sottolineato l’impegno di essere “mai più gli uni contro gli altri”. In conclusione del suo messaggio, il cardinale ha citato le prime parole di Papa Leone XIV sull’esigenza di una “pace disarmata e disarmante” e quelle di John Fitzgerald Kennedy evocate anche da Paolo VI: “L’umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità”.

Impegno per la dignità umana

Altro intervento è stato quello dell’Osservatore permanente della Santa Sede presso le istituzioni dell’Onu a Ginevra, arcivescovo Ettore Balestrero, il quale ha ricordato che il Giubileo in corso è incentrato sul tema “pellegrini di speranza” e don Benzi “è stato un testimone potente di tutto questo”. “È nostra responsabilità aiutare tutti, soprattutto i più vulnerabili, guardando al futuro con un cuore pieno di fiducia”, ha dichiarato Balestrero. Ma nell’attuale contesto internazionale dove “i conflitti abbondano” e segnato dal “predominio dell’incertezza”, secondo il presule, “il principio del bene comune” diventa anche “un appello alla solidarietà e ad un’azione preferenziale per i poveri”. Balestrero ha quindi concluso con le parole di Papa Leone XIV per sottolineare come la pace non sia solo l’assenza di guerra ma anche “impegno per il benessere e la dignità umana”.

Organizzare la pace

Come diceva don Benzi, fondatore della Comunità APG23: “Gli uomini hanno sempre, nel corso dei secoli, organizzato guerre, è tempo di iniziare a organizzare la pace”.  Durane la conferenza sono state ascoltate testimonianze dirette dei volontari di Operazione Colomba (Corpo Nonviolento di Pace di APG23) relative all’Ucraina e all’ex Jugoslavia. “Don Benzi ha scelto di stare dalla parte degli ultimi, ma non è stato indifferenze e ha lottato per creare una nuova società, la società dell’amore”, ha dichiarato Matteo Fadda, presidente dell’APG23, sottolineando l’attualità di questo messaggio per “sostituire la logica del conflitto con quella della cooperazione e della non violenza”. In questo senso, Fadda ha sostenuto l’importanza di diffondere “semi di pace” per cui occorre istituire Ministeri nazionali della pace e, a livello internazionale, le figure dei relatori per la pace presso l’Onu e il Consiglio d’Europa.

Le esperienze nei teatri di guerra

Altra esperienza diretta della guerra è stata quella fornita da Shyami Puvimanansinghe (Human Rights Officer, sezione diritto allo sviluppo dell’Ufficio dell’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu), che ha vissuto sulla sua pelle, come nativa dello Sri Lanka, 27 anni di conflitto:“ La guerra non è mai la soluzione”, ha detto. Puvimanansinghe ha quindi citato dati - come i 19 milioni di bambini senza scuola a causa della guerra in Sudan o uno studio secondo cui l’impatto del conflitto ha fatto regredire di più di 20 anni la situazione dello sviluppo a Gaza - evidenziando come sia prioritario un “nuovo slancio al multilateralismo”.

Un multilateralismo etico

“La nostra sopravvivenza dipende da un multilateralismo etico”, ha affermato nel suo intervento Stefano Zamagni, professore di economia all’università di Bologna e presidente emerito della Pontificia accademia di Scienze sociali, tracciando una differenza tra il multipolarismo oggi in voga sul piano geopolitico, “che ha a che fare con il potere”, e “il multilateralismo che è fondato invece sulle regole”. A causa delle logiche di potere, ha detto, “le guerre infuriano e la diplomazia è moribonda”. “Il multipolarismo senza multilateralismo etico porta alla guerra e al caos”, ha insistito. Anche secondo Zamagni, pertanto, serve “una cultura della pace” per attuare iniziative concrete come la creazione di Ministeri della Pace o di Corpi civili della pace. 

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17 settembre 2025, 14:11