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Il laboratorio "Rompi il cerchio" promosso da Idente Youth in occasione dei "Dialoghi con la Città" per il Giubileo dei Giovani Il laboratorio "Rompi il cerchio" promosso da Idente Youth in occasione dei "Dialoghi con la Città" per il Giubileo dei Giovani

Giubileo dei giovani, il laboratorio "Rompi il cerchio" per guarire le prigioni interiori

L'iniziativa, in occasione dei "Dialoghi con la Città", ha portato in strada la sfida contro apparenza, paragone, utilità, vanità, bisogno di approvazione. A Piazza Barberini e San Silvestro, giovani da ogni continente si sono seduti faccia a faccia per disinnescare cinque minacce alla pace. Una provocazione pubblica a estirpare radici di ostilità. "? più facile aiutare che lasciarsi aiutare", dicono i ragazzi, "ho scoperto nella mia fragilità uno strumento di pace"

Eleanna Guglielmi - Città del Vaticano

Tra i settanta appuntamenti dei Dialoghi con la città, l'evento nell'evento svoltosi durante il Giubileo dei Giovani che ha trasformato piazze e chiese di Roma in luoghi di ascolto, arte e preghiera, c’era anche Rompi il cerchio. Non un laboratorio, ma una provocazione pubblica a disinnescare radici di ostilità dalle quali nessuno si salva da solo. Giovani da ogni continente hanno tracciato sull’asfalto rovente coppie di cerchi colorati: uno occupato, l’altro vuoto. Chi varcava quel confine sedeva di fronte a uno sconosciuto per condividere ferite e ascoltare quelle dell’altro, raggiungendolo dentro una prigione invisibile: una ferita, una barriera, una solitudine. Promosso dall’associazione internazionale Idente Youth, l'iniziativa Rompi il cerchio è stata ideata per generare una riflessione viva e concreta sul rapporto tra “estraneità” e "pace".

Non un gioco

Irene, italiana, si è occupata della preparazione in Piazza Barberini: ha appeso bigliettini vuoti attorno alla fontana mentre altri disegnavano cerchi con il nastro adesivo sui sampietrini. "Di cosa ho più paura?", si è domandata, "di stare nel cerchio, incontrare le persone, interagire". La prima a entrare è stata una ragazza dal viso fresco e curioso: "Mi hanno detto che hai bisogno di aiuto". "Sì, è vero. Sono intrappolata", ha risposto Irene. E ha raccontato di relazioni ferite, del vuoto che accompagna una vita piena. "Non è un gioco, mi capisci? Puoi aiutarmi?". Non sono mancate le lacrime ed è con esse che la giovane francese si è aperta. "Nel cerchio avviene l’impensabile: la città si ferma, il caos tace, l’estraneità diventa un’alleata", spiega Irene dopo aver vissuto l'esperienza. "Ci si incontra dove neanche un amico, spesso, è stato fatto entrare. Poi ci si saluta: regalo un pezzo del mio cerchio, testimone che oggi hai aiutato una persona a uscire da sé stessa".

Uno dei dialoghi durante il laboratorio "Rompi il Cerchio"
Uno dei dialoghi durante il laboratorio "Rompi il Cerchio"

"Entrambi salvati, entrambi salvatori"

Dopo il cerchio, confida Irene, "nessuno è più lo stesso. Due prigioni si sono viste e riconosciute. Entrambi salvati, entrambi salvatori". A volte la conclusione è un abbraccio. La sera, tutto è stato smontato: i giovani sono usciti dai cerchi consumati, sommersi di volti e storie, con pezzi di nastro colorato appiccicati ovunque. "La memoria non mi basta per ricordare tutti i volti. Mi serve il cuore, che conta una dopo l’altra le ferite aperte e le parole che le hanno lenite. Il cuore, dopo il cerchio, non è più lo stesso: ha scoperto nella sua fragilità lo strumento per iniziare un mondo nuovo fatto di incontri autentici e di dialoghi che partono dalla radice".

Conoscersi fra due anime e generare spazi di fiducia

Per Steven, dalla Colombia, Rompi il cerchio è stato un "conoscersi fra due anime". Racconta di aver incontrato giovani che hanno perso il senso della vita, che non trovano uno scopo e pensano al suicidio o a farsi del male. "Siamo venuti qui per ascoltare, per mettere segni concreti che siamo fratelli". "Quando qualcuno attraversa il cerchio vuoto per liberare uno di noi dalla prigione interiore – fa eco, invece, Kimberly dalla Francia – entra nella nostra intimità. Lo accogliamo in uno spazio di fiducia, dove può parlare e sentirsi ascoltato con gentilezza. E questo accade a prescindere da ciò in cui crediamo o dalla nostra religione".

I giovani "in cerchio" a Piazza San Silvestro
I giovani "in cerchio" a Piazza San Silvestro

Bellezza della vulnerabilità

Venuta a Roma dalle Filippine, Angelic racconta invece come ha vissuto questo momento incastonato nei tanti eventi del Giubileo dedicato ai giovani: "Avvicinare sconosciuti mi ha sempre intimidito. Pregavo e ho trovato il coraggio di parlare. Alcuni dicevano che si sarebbero fermati solo un momento, poi restavano molto più a lungo. Quella generosità mi ha commossa. Ho visto come la guarigione inizi quando si condivide la propria esperienza".

Cinque minacce della pace

Nel cerchio, i dialoghi sono partiti dalle “cinque minacce alla pace”: apparenza, paragone, utilità, vanità, bisogno di approvazione. Le trappole della cultura dell’estraneità che scavano distanze e isolano, fino a far dimenticare il legame che ci unisce. Rompi il cerchio ha significato, prima che uscire, lasciar entrare. Scoprire che è più facile aiutare che lasciarsi aiutare, e che mentre aiuti, guarisci. Irene ricorda di essersi trovata di fronte a un uomo che l’ha ascoltata come in una seduta di terapia. Solo alla fine si è presentato: "Sono uno psicoterapeuta della Gestalt". "Sono stata fortunata", sorride Irene. "È una piccola rivoluzione che può generare un cambiamento duraturo: vivere per qualcun altro senza esserne consumati, scoprendo in questa apertura la vera ricchezza".

E in quell’apertura, “Qualcuno” compie il miracolo di due naufraghi che si incontrano e si tendono la mano, passando dall’io al noi e dal buio della solitudine alla consolazione di scoprirsi accompagnati.

 

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13 agosto 2025, 15:30