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Irene (a destra) con alcuni giovani di Idente Youth Irene (a destra) con alcuni giovani di Idente Youth 

Echi dal Giubileo dei giovani: “Senza una fede, toccati dalla fraternità”

Irene, missionaria, racconta l’esperienza vissuta con duecento ragazze e ragazzi di Idente Youth, molti dei quali non vicini alla pratica religiosa: la speranza non può essere solo uno slogan, “Dio discende dove lo cerca un cuore ferito e assetato, anche se non lo sa”

Eleanna Guglielmi - Città del Vaticano

Roma, 3 agosto, domenica sera. Le strade si svuotano lentamente, mentre metropolitane e autobus si riempiono di giovani in partenza, al termine del Giubileo. La camminata verso casa è ancora lunga. Gli autobus, la domenica sera, non sono frequenti. Tra le migliaia di giovani procedono anche molti consacrati: religiose, sacerdoti, accompagnatori. Hanno condiviso con tutti molto più che balli, flashmob, attese, caldo, stanchezza. Sono nella folla, spesso invisibili, come il sale. Ma in ascolto. Tra loro c’è Irene Scifoni, missionaria idente. Accompagna un gruppo di duecento giovani provenienti da numerosi Paesi: Ecuador, Corea del Sud, Italia, Spagna, Giappone, Honduras, Stati Uniti, Colombia. Mi affianco a lei e le chiedo: “Che cosa hai visto, stando giorno e notte accanto a questi ragazzi?”.

Foto di gruppo dei giovani di Idente Youth
Foto di gruppo dei giovani di Idente Youth

Qualcosa di incontenibile

“È davvero una cascata di grazia, come ha detto il Papa”, racconta Irene. E subito precisa: “Per ‘grazia’ intendo volti felici, fraternità vera, pesi condivisi, lacrime di gratitudine, cuori assetati. Ragazzi che si lasciano toccare fino in fondo, che fanno domande radicali, che accolgono l’annuncio come qualcosa di incontenibile”. Si tratta, per lo più, come lei descrive, di giovani senza una fede ereditata né una pratica religiosa, distanti da parrocchie o istituzioni. La loro appartenenza è più legata allo spirito che si vive all’interno di un oratorio o di un’associazione, che alla partecipazione ai riti. Possono credere in Dio, ma senza un legame con la preghiera o con le forme tradizionali della fede, soprattutto nel contesto europeo.

"Non sapevo di avere questa sete"

Dal suo racconto emerge con chiarezza come questi giovani si siano rivelati a se stessi come protagonisti di un cambiamento non più rimandabile. “Giorno dopo giorno – continua – si scoprono capaci di desideri grandi”. Allora le chiedo: “Cosa ti ha sorpreso, spiazzato… evangelizzato?”. Risponde: “Alcuni mi dicono: Io non sapevo di avere tutta questa sete. E io stessa li vedo fare scelte forti, vere. Non sono qui per caso: sono protagonisti di una svolta che sentono incombere”.

Ragazze e ragazzi di idente Youth in cammino verso Tor Vergata
Ragazze e ragazzi di idente Youth in cammino verso Tor Vergata

Confessionali a cielo aperto

Anche Roma, agli occhi dei ragazzi, ha assunto un volto nuovo. “I giovani romani sono sorpresi. Mi dicono: Ma questa è davvero la nostra città? Hanno partecipato ai Dialoghi con la città con un laboratorio proposto dalla nostra associazione Idente Youth, Rompi il cerchio: uno spazio di incontro e confronto profondo nel contesto quotidiano delle strade romane. E lì – aggiunge – è successo qualcosa". Un momento di silenzio. Poi riprende: “Era come stare in una specie di confessionali a cielo aperto. I giovani che abbiamo incontrato per strada mi hanno evangelizzato. Sul serio. Con le loro ferite, le loro domande, la loro libertà".

Oltre l’evento: preparare una terra sacra

Non mancano considerazioni più ampie sulla vita consacrata e sulla sfida della testimonianza. “Per i consacrati, i religiosi, i sacerdoti, l’auspicio è che nessun Giubileo si riduca a una serie di eventi. La speranza non può essere uno slogan”. Le incombenze dell’organizzazione e le difficoltà logistiche non hanno fatto sconti: lunghe attese, caldo, spostamenti faticosi. Ma, come racconta Irene, “ogni fatica è stata attraversata da una grazia silenziosa, che mi invitava a custodire ogni istante. Non volevo che i ragazzi perdessero nulla di ciò che stava accadendo. Cerco di ricordare che quello che stavamo preparando era una terra sacra, il luogo in cui Dio discende per incontrare un cuore ferito e assetato che, magari, nemmeno sa di cercarlo».

In fila verso la Porta santa
In fila verso la Porta santa

Una cascata sovrabbondante

Papa Leone XIV definisce questi giorni “una cascata di grazia”. Irene conferma: “Sì, una cascata: fresca, potente, sovrabbondante”. È stordita ancora dal cammino, ma porta negli occhi il riflesso di giorni intensi e imprevedibili.

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08 agosto 2025, 14:34