Sant'Agostino in Campo Marzio, sulla via della Bellezza
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
La bellezza del creato, così come quella dell'arte, sono strade che conducono alla bellezza di Dio. Padre Pasquale Cormio, rettore di Sant’Agostino in Campo Marzio, suggerisce questa chiave di lettura per visitare la basilica della quale è responsabile e dove l'ordine agostiniano è presente dalla fine del XIII secolo.
Il cammino giubilare
L'edificio religioso è stato inserito nel cammino giubilare “Donne patrone d’Europa e Dottori della Chiesa” per ricordare in modo particolare Santa Benedetta Teresa della Croce, al secolo Edith Stein, che nella sua formazione di filosofa e monaca carmelitana fu particolarmente influenzata dagli insegnamenti del Vescovo di Ippona.
L’antica e la nuova chiesa
Costruita tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento, ampliata e ricostruita nel corso del XV secolo, Sant’Agostino in Campo Marzio è una delle prime chiese romane del Rinascimento. Divenne sede di una comunità conventuale degli agostiniani, inglobando e sostituendo di fatto l’antica e piccola chiesa di San Trifone iuxta posterulas o in Posterula, oggi scomparsa.
Quest’ultima, concessa nel 1287 da Onorio IV agli eremitani di Sant’Agostino, sorgeva lungo via della Scrofa e venne distrutta intorno alla metà del XVIII secolo per dare seguito ai lavori di ampliamento del Convento degli Agostiniani condotti da Luigi Vanvitelli. Il celebre architetto realizzò anche gli ambienti che ospitano la sede dell’Angelica, la prima biblioteca aperta al pubblico in Europa.
I marmi del Colosseo
Secondo la tradizione, la maestosa e imponente facciata della basilica fu realizzata con blocchi di travertino provenienti dal Colosseo, grazie alla generosità del cardinale Guillaume d’Estouteville. Il porporato commissionò la ricostruzione tra il 1479 e il 1483. Sopra il portale principale è rappresentata ad affresco la consegna della Regola Agostiniana.
Le pitture mariane
Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento l’interno dell’aula trova il suo assetto definitivo: una pianta a croce latina suddivisa in tre navate. Su quella centrale campeggiamo gli affreschi dedicati alla Vergine Maria dal pittore romano Pietro Gagliardi dopo la promulgazione del dogma dell’Immacolata Concezione.
La basilica dei pellegrini
Barocco è l’altare maggiore sopra il quale è collocata un’icona bizantina del nono secolo proveniente da Costantinopoli. “Rappresenta la Madonna come colei che indica Cristo, via per il cammino dei cristiani”, spiega padre Cormio sottolineando l’importanza del tema del pellegrinaggio in questa Basilica. Sorgeva infatti lungo la “via sacra” che conduceva a San Pietro, in Vaticano.
La basilica delle mamme in attesa
Un altro carattere che contraddistingue la chiesa è quello legato alla maternità. I tanti ex voto presenti sulle pareti attestano le innumerevoli grazie ricevute e rimandano ad una scultura molto venerata a Roma lungo i secoli. È la Madonna del Parto scolpita da Jacopo Tatti, detto il Sansovino, in un unico blocco di marmo tra il 1516 e il 1521. A lei rivolse la sua preghiera anche la madre del Beato Alfredo Ildefonso Schuster nell’Ottocento, ottenendo la guarigione del figlio. Nel 1822, come ricorda l'iscrizione sul basamento, Pio VII concesse un'indulgenza a chi avesse baciato il piede della Vergine. Tale fu l'afflusso di pellegrini da consumare il marmo e rendere necesssaria la sostituzione con un arto d'argento.
La tomba di Monica
“Ancora oggi incontriamo tante mamme che vengono qui ad affidare il loro desiderio di un figlio o la difficoltà a portare avanti una gravidanza” spiega il rettore della Basilica, indicandoci un altro luogo significativo della Basilica: la tomba di Santa Monica. Le spoglie della madre di Agostino giunsero qui per volere di Papa Martino V nel XV secolo. Provenivano dalla Cattedrale di Sant’Aurea a Ostia Antica dove la donna morì nel 387 e dove è ancora presente una comunità agostiniana. Inizialmente erano conservate nel sarcofago quattrocentesco della scultore Isaia da Pisa. Successivamente furono traslate sotto l’altare dell’ultima cappella della navata di sinistra.
La preghiera per i figli che hanno perso la fede
“È meta di tante mamme i cui figli si sono allontanati della fede” commenta padre Cormio: “Monica è la madre che genera Agostino non soltanto alla vita biologica, ma soprattutto alla vita di fede. Penso che l'amore che Agostino ha avuto per la Chiesa sia il frutto della relazione che ebbe con sua madre. Per il Dottore della Chiesa infatti la Chiesa è madre che nutre i suoi figli con i sacramenti e la retta dottrina, li protegge, li difende dagli errori dell'eresia. La spiritualità agostinana non può prescindere dal rapporto tra Monica e Agostino”.
Francesco e Leone sulla tomba di Monica
La terra di Tagaste, città in cui entrambi nacquero, è contenuta in un vaso posto accanto all’altare su cui il 28 agosto 2013, in occasione del capitolo generale degli agostiniani, ha sostato in preghiera anche Papa Francesco. “Quel giorno - racconta il rettore della Basilica - era presente anche l’allora Priore generale padre Robert Prevost che completava il suo mandato di 12 anni. È avvenuto quasi un passaggio di testimone”.
La Madonna dei Pellegrini di Carvaggio
Capolavoro indiscusso di Sant’Agostino in Campo Marzio è la Madonna dei Pellegrini di Caravaggio. La tela fu commissionata a inizio Seicento dal notaio bolognese Ermete Cavalletti e donata alla Chiesa dal pittore come ringraziamento per l’asilo concesso durante la fuga seguita all’arresto. Ai piedi di Maria con il Bambino benedicente in braccio, in un drammatico gioco di luce e ombra, sono due pellegrini in ginocchio, vestiti di stracci, dai piedi piagati e sudici.
Un messaggio agostiniano
“È l’ultima opera romana di Caravaggio. La famiglia Cavalletti era originaria delle Marche e devota alla Madonna di Loreto. La Vergine è rappresentata di fronte alla Santa Casa appena tratteggiata con un gradino e uno stipite un po’ sberciato. Non abita in una casa nobile. Il panno bianco con cui sorregge il Bambino è un riferimento al sudario della Passione”. Il messaggio di quest’opera è proprio della spiritualità agostiniana. “Il movimento verso Dio”, fa notare padre Cormio, “non avviene solo tramite la volontà dell’uomo. C’è sempre la grazia divina che ci precede e viene incontro”
Il Profeta Isaia di Raffaello
Nella Basilica romana è presente un altro grande maestro del colore: Raffaello Sanzio. La figura del Profeta Isaia dipinta nel 1512 dall’urbinate risente nell’impostazione monumentale dei coevi affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina. “Isaia - rileva padre Cormio - annuncia la nascita del Messia e reca in un cartiglio scritto in lingua ebraica l’invito ad entrare nella famiglia di Cristo: la Chiesa”. Tale profezia è rappresentata nella sottostante scultura di Andrea Sansovino dedicata alla Vergine Maria con Sant’Anna.
Il crocifisso di San Filippo Neri
Sempre nel fecondo rapporto tra arte, fede e devozione nello scrigno di Sant’Agostino in Campo Marzio incontriamo un ultimo gioiello. È un pregevole Crocifisso del XVI secolo.
Vi trascorreva ore in preghiera San Filippo Neri ai tempi in cui si formava alla teologia nel prestigioso studio facente parte del complesso agostiniano.
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