Portare le speranze dei giovani sudafricani al Giubileo
Isabella H. de Carvalho – Città del Vaticano
“Abbiamo già iniziato a fare le valigie, non vediamo l’ora di partire!”. L’ emozione nella voce di Gladness Mashumbuka Lobina è evidente, mentre parla al telefono con i media vaticani a fine luglio, una settimana prima della sua partenza per l’Italia. La 35enne fa parte della commissione per la gioventù dell'arcidiocesi di Pretoria, e verrà a Roma con altri 160 ragazzi provenienti dal Sudafrica, Botswana ed Eswatini per partecipare al Giubileo dei Giovani dal 28 luglio al 3 agosto. Nonostante l’Africa sia il continente con la popolazione più giovane al mondo e il 70% degli africani subsahariani hanno meno di 30 anni, molti ragazzi non verranno a Roma perché non se lo possono permettere. Tuttavia, le diocesi hanno organizzato numerose attività ed eventi per far vivere l’Anno Santo anche a livello locale. I giovani che partiranno, invece, sono pronti a portare in questo evento giubilare i sogni e i desideri dei loro coetanei e sperano anche di tornare nei loro rispettivi Paesi con una nuova energia.
“I ragazzi si sono preparati bene in questo Anno Santo”, spiega ai media vaticani monsignor Siphiwo Paul Vanqa, vescovo di Queenstown in Sudafrica. Come referente per la Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale dell’Africa Australe (SACBC) – che comprende Sudafrica, Botswana ed Eswatini – ha seguito da vicino i preparativi per il Giubileo. “Il tema del giubileo, ‘pellegrini di speranza’, è stato accolto pienamente nelle diocesi dell’Africa australe”, racconta, aggiungendo che circa 3000 giovani hanno partecipato a un pellegrinaggio che hanno organizzato ad inizio anno.
Le iniziative per preparare i giovani
Anche Gladness ha visto lo stesso entusiasmo nella sua diocesi, dove la commissione per la gioventù ha organizzato diverse attività e eventi nell’ambito dell’iniziativa “La Strada verso il Giubileo dei Giovani”. Hanno per esempio accolto i “simboli pellegrini” - una croce e un’icona mariana – in varie parrocchie dell’arcidiocesi di Pretoria con Messe o Rosari. Hanno organizzato novene o campagne sui loro profili social incentrati sull’Anno Santo. E infine i giovani si sono incontrati mensilmente per riflettere su diversi argomenti alla luce del tema giubilare “pellegrini di speranza”. Le discussioni variavano da tematiche come ‘che cosa significa essere un missionario’, a questioni che toccano la società sudafricana, come la violenza di genere e il femminicidio. “Durante questi eventi abbiamo anche pregato, come pellegrini di speranza, per ricordare coloro che hanno perso la vita a causa della violenza di genere e del femminicidio. Pregavamo per loro e per i loro cari, ma anche per la conversione dei colpevoli”, racconta Gladness. Alcune parrocchie hanno inoltre lanciato iniziative proprie per prepararsi al Giubileo, come ad esempio l’assistenza agli anziani, per vivere concretamente l’Anno Santo. “È stato un percorso straordinario, i giovani sono entusiasti”, aggiunge la giovane sudafricana. “È così bello vedere ragazzi desiderosi di fare di più per la Chiesa”.
Portare le speranze dei coetanei
Gladness e i suoi compagni di viaggio infatti porteranno questo entusiasmo che hanno vissuto a casa a Roma, insieme anche ai sogni dei giovani sudafricani che non potranno partecipare. Durante uno di questi eventi nell'arcidiocesi “abbiamo creato una ‘stanza della speranza’, dove i giovani potevano scrivere i loro sogni e le loro aspirazioni su un ‘tessuto della speranza’. Durante la Messa con il Santo Padre porteremo questo telo con le intenzioni dei nostri coetanei per poter pregare per loro”, ha raccontato. “Speriamo che Dio possa esaudire davvero i loro sogni, le loro speranze e aspirazioni”. “Cerchiamo di incoraggiare i giovani e mostrare loro che, anche se non possono permettersi di andare a Roma, nel proprio contesto possono comunque essere ‘pellegrini di speranza’”, prosegue Gladness, aggiungendo che queste iniziative aiutano chi non può recarsi a Roma a vivere l’esperienza l’anno giubilare nel proprio contesto.
Le difficoltà affrontate
In un Paese come il Sudafrica, dove oltre metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà e le disuguaglianze economiche sono marcate, molti non sono riusciti a raccogliere fondi sufficienti per andare a Roma. “Ci sono diocesi che non manderanno nessuno perché non hanno raccolto abbastanza soldi”, spiega monsignor Vanqa, sottolineando che anche la sua diocesi non ha potuto inviare pellegrini per motivi economici. “Le finanze sono state una delle principali sfide, poiché la maggior parte dei nostri pellegrini proviene da famiglie modeste”, conferma anche Gladness, evidenziando come molti giovani si sono comunque sforzati, organizzando iniziative come la creazione e vendita di rosari.
Un altro aspetto difficile dell’organizzazione del viaggio è stato il processo per l’ottenimento dei visti: “È stato piuttosto lungo, con tempi stretti e arretrati da gestire”, rimarca Gladness. Circa metà del suo gruppo stava ancora aspettando il visto a una settimana dalla partenza. Ma la positività della giovane sudafricana resta incrollabile: “La logistica richiede solo molta dedizione e lavoro di squadra, ma stiamo vincendo, nonostante le sfide. Questo ci dà la certezza che Dio è stato con noi dall’inizio dell’organizzazione fino ad oggi”.
Una popolazione giovane e attiva, nonostante tutto
Gladness riconosce che essere giovani in Sudafrica non è facile: “È una sfida, considerando i problemi socioeconomici del nostro Paese”. “Il nostro tasso di disoccupazione giovanile è molto alto”, sottolinea, citando anche altri problemi come la violenza di genere e le difficoltà legate alla salute mentale. Tuttavia, insiste che ci sono anche molte opportunità e i giovani sono molto “energici e pieni di vita”. Molti ragazzi che frequentano la Chiesa si impegnano per organizzare eventi professionali o iniziative che possano rispondere ai bisogni della gioventù, spiega. “Abbiamo anche la democrazia e la libertà di espressione, possiamo esprimerci e praticare liberamente la nostra fede”. “Ci sono tante sfide che come giovani ci troviamo ad affrontare. Ma credo che, essendo pellegrini di speranza, continueremo ad avere speranza, perché non delude”, ribadisce citando la lettera di San Paolo ai Romani.
Tornare con una nuova energia
Questo tipo di energia è ciò che monisgnor Vanqa ha visto nei giovani che tornano nei loro Paesi dopo altri pellegrinaggi, e spera che anche questo Giubileo produca lo stesso effetto: “Tornano da questi viaggi rinvigoriti e ricaricati”. “Possono sempre aiutarci a trasmettere quella scintilla ad altri per amare e servire la Chiesa. I giovani possono inoltre condividere le loro esperienze con gli altri”, continua il vescovo. “Non vedo l’ora di partecipare alla Messa con il Santo Padre, fare i pellegrinaggi alle Porte Sante, e di pregare sulle tombe di San Pietro e San Paolo”, conclude Gladness. “Per la maggior parte di noi giovani, ciò che desideriamo è vedere la nostra fede rinnovata”.
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