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Nella Turchia siriaca, l'incontro con una Chiesa viva e desiderosa di unità

Prima parte di un reportage che, con l’associazione Amici del Medio Oriente, conduce a scoprire una presenza cristiana poco nota, dalla fede eroica temprata fin dal II secolo. Terzo polmone del Cristianesimo, è stata pioniera dell’evangelizzazione in Estremo Oriente. Pur ridotta oggi a piccoli numeri, pratica un concreto ecumenismo. Il vescovo siro-ortodosso, ?zmen: “Crediamo in Gesù, possiamo parlare lingue diverse ma siamo un tutt’uno. Abbiamo dimenticato che la pace comincia nei cuori"

Antonella Palermo – Zeugma, Sanliurfa, Mardin

“Quanto è grande l’apporto che può darci oggi l’Oriente cristiano!”

Così Leone XIV in uno dei primissimi discorsi pronunciati dopo l’elezione, quello del 14 maggio in occasione del Giubileo delle Chiese orientali, in cui evidenzia il bisogno di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle liturgie orientali. Un patrimonio inestimabile che con il passare delle generazioni si smarrisce, ammette il Papa agostiniano. Per preservarlo e nutrirsene è necessario conoscerlo. Un modo diretto è recarsi nei luoghi dove la storia parla attraverso le pietre di edifici millenari (distrutti, ricostruiti, talvolta modificati nella destinazione d’uso) e le pietre vive di chi ci abita, di chi ci ha abitato ed è stato costretto alla diaspora, di chi è tornato. La prima parte di questo racconto è pubblicata oggi, nell'anniversario della morte di monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia, che il 3 giugno del 2010 veniva ucciso a Iskenderun dal suo autista. Di lui resta il ricordo indelebile di impegno a servizio del dialogo interreligioso e della convivenza pacifica.

Il fascino di uno dei volti meno esplorati della Turchia

Con l’Associazione Amici del Medio Oriente (AMO), fondata nel 2007 dal vescovo Paolo Bizzeti SJ, già Vicario apostolico dell’Anatolia e tutt’ora presidente di Caritas Anatolia, un pellegrinaggio nella Turchia siriaca è l’occasione per scoprire uno dei volti meno esplorati del Paese, fino a qualche anno fa lontano dagli itinerari turistici e tutt’ora poco conosciuto. Una dimensione fatta di resilienza e sacrificio, di spiritualità e intraprendenza, dove la Chiesa ha tenuto in piedi, con grande eroismo, capolavori architettonici e un Cristianesimo che, insediatosi fin dai primordi, può vantare una tradizione vivissima sebbene ridotta a numeri modesti. Il fascino di quest’area, denominata Tur ‘Abdin (montagna dei servitori), nel sud-est della Turchia, è avvolgente. A tradurla per le orecchie dei viaggiatori è Murat Kuyucuklu, esperta guida turca, musulmano che nutre sincera stima per la presenza cristiana, passata e attuale. L’attraversamento della Mesopotamia fa tornare alla memoria l’apprendimento giovanile delle origini delle civiltà; lo sguardo si dispiega a perdita d’occhio per posarsi sulle tracce dei seguaci di Gesù, che risalgono almeno al I secolo. Chiese e monasteri vivranno tra il IV e l’VIII secolo l’epoca d’oro, come documenta la guida pubblicata dalle edizioni Terrasanta a cura dello stesso Bizzeti e del monaco Sabino Chialà, priore della Comunità di Bose.

Sanliurfa, l'antica Edessa
Sanliurfa, l'antica Edessa   (© Antonella_Palermo)

La Chiesa siriaca, la più vicina alle radici semitiche del Cristianesimo

Centinaia di migliaia erano i cristiani all’inizio del XX secolo, oggi sono meno di tremila e vivono soprattutto attorno alle città di Midyat e Mardin e in una quarantina di villaggi circostanti. Ma parecchie migliaia vivono a Istanbul e altre grandi città dove sono fuggiti al tempo delle persecuzioni degli anni ’80 del secolo scorso o di quella massiccia del 1914-15 dove furono trucidati 250 mila cristiani. Affermano, con un certo malcelato orgoglio e forse con un velo di mitizzazione, di parlare un dialetto moderno dell’aramaico, la lingua di Gesù. Certamente rappresentano la Chiesa più vicina alle radici semitiche del Cristianesimo, da considerare a tutti gli effetti come il terzo grande polmone della Cristianità, insieme al mondo greco e a quello latino. Questa varietà dell’aramaico, il siriaco classico, studiato per lo più presso i monasteri rimasti aperti, è usato sia in letteratura che nella liturgia. Diversi i giovani che, soprattutto d’estate, rientrano dall’Europa, dove si sono trasferiti, per impararlo. Come la guida conferma, oggi molti studiosi concordano nel dire che le incomprensioni profonde, maturate lungo i secoli, sono dovute più a differenti categorie interpretative e a difficili corrispondenze linguistiche che non a reali discordanti convinzioni di fede.

Dall’antica Zeugma all’antica Edessa, in memoria di Abramo

Dall’antica città romana Zeugma sull’Eufrate, nei pressi di Gaziantep - che con il più grande museo di mosaici al mondo (ne contiene una superficie di 1700 metri quadrati) dopo quello di Antiochia e i reperti di eccezionale valore qui custoditi, era il più importante snodo tra Oriente e Occidente anche per il Cristianesimo - la direzione va verso l’antica Edessa (oggi Sanliurfa), prima città diventata completamente cristiana, celebre per la vasca delle carpe e per la grotta dove, secondo una tradizione islamica, nacque Abramo. Si racconta che fu salvato dal rogo che lo avrebbe arso vivo: Dio trasformò il fuoco in acqua e i tizzoni in pesci. Sono considerati inviolabili, diventati grande attrazione locale, dentro il portico della moschea di Halil Rahman sorta su una chiesa preesistente. Qui uomini e donne, invitati a disporsi in corpose file separate, si introducono dentro un cunicolo stretto, venerano Abramo, fanno abluzioni; molti i bambini in mezzo ad una folla a tratti chiassosa dalla quale progressivamente ci si distanzia per raggiungere un silenzio via via più dominante. Ma intanto si fa memoria dell’incontro tra giudaismo, cristianesimo e islam in un luogo nel cui centro storico in origine c’erano una dozzina di chiese: due ne sono sopravvissute ma trasformate anch’esse in moschee.

Moschea di Halil Rahman sorta su una chiesa preesistente
Moschea di Halil Rahman sorta su una chiesa preesistente   (© Antonella_Palermo)

Lo slancio missionario in Estremo Oriente e la fragilità di una terra contesa

È lontano il tempo di Efrem alla guida della prestigiosa scuola teologica di Edessa quando il Cristianesimo venne portato con slancio in Estremo Oriente molto prima di quanto faranno i missionari dall’Occidente, spiega monsignor Bizzeti. La cattedrale, dedicata a Santa Sofia, non aveva pari in bellezza neppure a Costantinopoli. A mutare drasticamente questo prestigio, non solo per questo sito, è la conversione dei popoli dell’Asia centrale all’islam e l’invasione di Tamerlano che nel corso del XIV secolo seminò ovunque morte e distruzione. I racconti tramandati oralmente di generazione in generazione sono talmente vivi tutt’ora, che chiunque ne parla come fossero accadimenti del giorno prima. Di fatto, è l’inizio di un progressivo ritiro dei cristiani mesopotamici verso le montagne e la riduzione della loro consistenza. Il Cristianesimo siriaco è così segnato da contese ricorrenti, tra Parti e Romani, tra arabi e bizantini, e turbato da instabilità culturali, ecclesiali e politiche che acuiranno la strutturale fragilità di una “terra di mezzo”. Le persecuzioni perpetrate dal potere bizantino, per esempio, determinarono anche l’abbandono da parte del patriarca siro-occidentale della sua sede storica di Antiochia: prima verso il monastero di Mor Barsauma, poi in quello di Deir Zafaran, poi a Homs e infine a Damasco dove attualmente risiede.

Özmen, vescovo siro-ortodosso: concentriamoci su Gesù, la fonte dell’unità

Proprio in quello che è uno dei più importanti centri religiosi della zona di Mardin, nel monastero comunemente chiamato “dello zafferano” (a motivo delle piante di zafferano che vi crescevano intorno e per il colore che le mura assumono in alcune ore del giorno), il vescovo siro ortodosso Filiksinos Saliba Özmen accoglie il gruppo di pellegrini con amicizia e cortesia. “È molto importante – dice - che specialmente i capi delle Chiese siano modesti perché è la via che ci ha indicato Gesù Cristo; lui ha lavato i piedi dei suoi discepoli, ha servito loro. Questa è la via più importante per tutti i chierici di tutte le Chiese”. Spiega che le visite sono fondamentali per rafforzare le relazioni tra culture e confessioni. “Vorremmo tanto poter festeggiare insieme Pasqua e Natale, come è accaduto quest’anno per la coincidenza pasquale”, spera il custode abuna Gabriel, mentre illustra le bellezze del luogo. “Quando si può celebrare gli uni nelle chiese degli altri, al di là degli aspetti giuridici, vuol dire che ci amiamo”. Le differenze tra le Chiese devono concentrarsi sugli aspetti di unità, insiste il vescovo: “Crediamo tutti in Gesù. Possiamo parlare diverse lingue ma siamo un tutt’uno”. E non è che il motto scelto da Papa Leone XIV: In Illo uno unum, in cui riecheggia la sottolineatura del Pontefice nel discorso ai Rappresentanti di altre Chiese, pronunciato il 19 maggio: “Più siamo fedeli e obbedienti a Gesù, più siamo uniti tra noi”. È anche ciò che scriveva già Giovanni di Apamea, tra le maggiori fonti della tradizione siriaca: “Poiché Dio non può essere da noi conosciuto tramite parole o pensieri, ma solo tramite la fede, abbiamo causato molte controversie, ed eccoci [divisi] in fazioni opposte” (Dialoghi con Thomasios 7).

I due vescovi Filiksinos Saliba Özmen e Paolo Bizzeti SJ
I due vescovi Filiksinos Saliba Özmen e Paolo Bizzeti SJ   (© Antonella_Palermo)

La Chiesa siriaca è pronta a unirsi a quella latina

“La Chiesa siriaca ortodossa è pronta a unirsi a quella latina”. Ne è convinto monsignor Bizzeti, profondo conoscitore della Turchia fin dalla fine degli anni Settanta. Özmen, molto vicino al movimento dei Focolari, ripone speranze nel legame con le società occidentali che, a parer suo, deve rafforzarsi. Ne beneficerebbe la Chiesa locale, in termini di status e di operatori pastorali: le vocazioni qui non mancano ma non fioriscono come in passato. Imprescindibile è fortificare la spiritualità, osserva, condizione di base, ovunque, per stemperare i conflitti, soprattutto laddove religione e politica si condizionano reciprocamente. “Il nostro auspicio è la convivenza pacifica interna e con tutti. La pace comincia dentro di noi. Noi lo abbiamo dimenticato, ma la pace comincia dai cuori”.

L’ecumenismo della carità

In Anatolia essere cristiani è qualcosa che si sceglie ogni giorno. Questo rende la fede radicata nel Vangelo. Nulla si può sprecare, dare per scontato, a nulla si può restare indifferenti. E l’unità è oggi allo stesso tempo un dato e un anelito. Ne è emblematica testimonianza il fatto che in Turchia siriaca si sperimenta l’ospitalità di gente aperta e desiderosa di collaborare: “Qui si continua a riconoscere il primato della carità”, afferma Bizzeti, primato che evidentemente supera il peso di antichi retaggi divisivi. Accade in fondo anche per il senso di appartenenza religiosa, visibilmente più forte rispetto a quelle che possono essere le linee di demarcazione tra Stati, spesso decise da potenze esterne, come le guerre insegnano. Qui, peraltro, il coinvolgimento della base del popolo di Dio si rivela per molti aspetti più marcato rispetto alla tradizione occidentale: la scelta di preti e vescovi, per esempio, in Oriente riflette una spiccata sinodalità e predispone anche a un più fraterno rapporto tra le confessioni che qui trova storie assai belle di condivisione, vicinanza, unità. È il caso della Chiesa protestante che conta circa centomila cristiani in tutta la Turchia. Il pastore Ender Pecker, la cui famiglia di origine è musulmana, è un convertito che racconta quanto i laici si adoperino testimoniando una presenza credibile, fattiva, gioiosa. Le occasioni possono essere riunire bambini di chiese diverse per far dipingere uova per la Pasqua, oppure officiare la domenica in chiese diverse per garantire una periodicità che, qualora mancasse, porterebbe facilmente alla chiusura del luogo di culto. “Il rispetto è assicurato. È il Signore che farà vedere la via giusta per restare uniti. Le difficoltà nascono quando il seme gettato finisce tra le spine: allora non cresce, non vive, non muore, non va via…”.

Questo è il primo di quattro episodi che raccontano il pellegrinaggio organizzato dal 27 aprile al 4 maggio 2025 dall’Associazione Amici del Medio Oriente (AMO) nella Turchia siriaca. Il prossimo racconto sarà pubblicato martedì 10 giugno.

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03 giugno 2025, 10:00