Carceri, don Carlo Vinco: “Anche nelle situazioni più tragiche c’è tanta umanità"
Roberta Barbi – Città del Vaticano
È il giugno 2021 – esattamente quattro anni fa – quando il Comune di Verona, che nel suo territorio ha un solo istituto di pena, la casa circondariale di Montorio, fa una scelta originale: elegge un sacerdote come Garante dei diritti delle persone private della libertà personale in sostituzione del precedente, dimessosi a febbraio. La scelta ricade su don Carlo Vinco, una vita spesa tra i senzatetto, i Rom e soprattutto i malati di Aids e i tossicodipendenti che con il carcere hanno spesso a che fare.
L’ordinamento vuole che questa figura indipendente abbia la stessa durata del Consiglio comunale, invece a Verona il Consiglio cambia, la Giunta ha un altro colore, ma lui è ancora lì. Apprezzato da tutti. “La figura del Garante rappresenta uno sguardo del Comune sull’ente carcerario che è pieno di contraddizioni e fragilità – spiega ai media vaticani – l’obiettivo è sia la conoscenza continua delle problematiche che vi emergono, sia il rilievo di eventuali disagi”.
Un istituto in continua evoluzione
“Il carcere è in continuo cambiamento, continuo!”. Non usa mezzi termini don Carlo nel ripercorrere i suoi quattro anni di mandato: “Quando ho iniziato a Verona, il cui istituto ha una capienza di circa 318 posti, c’erano già 400 detenuti, oggi sono più di 600”, è la sua denuncia del sovraffollamento che affligge molte strutture italiane, come pure il dramma dei suicidi che ha toccato più volte la casa circondariale di Montorio. “Il cambiamento, qui, riguarda soprattutto l’età e la provenienza – spiega – più andiamo avanti più gli ingressi sono di giovani, anche 18-21 anni, e sempre più stranieri: siamo il carcere che ne ospita di più in Veneto”. Il motivo è legato, secondo il Garante, all’aumento dello spaccio, dei piccoli furti e della resistenza a pubblico ufficiale che sono i reati per i quali tipicamente i giovani non italiani finiscono in manette.
Il rapporto con il territorio
Una delle funzioni del Garante comunale è anche quella di mantenere i rapporti con il territorio, di cui fa parte anche la diocesi: “Nella mia realtà non è difficile, abbiamo una cappellania molto ben organizzata con anche due diaconi e alcune suore che lavorano come volontari e il vescovo è molto sensibile a questo tema – afferma – proprio in questi giorni stiamo celebrando il Giubileo dei detenuti in diocesi, che prevede una Messa celebrata dal vescovo all’interno della struttura e alcuni momenti di preghiera e catechesi in preparazione”.
Un anno fa la visita di Papa Francesco
Nel maggio 2024 la casa circondariale di Montorio ha ricevuto la visita di un altro vescovo, quello di Roma, cioè Papa Francesco: “Quel momento ha significato molto per me – ricorda ancora il sacerdote – è stata una visita esemplare, sia per l’accoglienza del Papa ai detenuti, per la sua simpatia, per la pazienza con la quale si è offerto loro, ascoltandoli, abbracciandoli, non sottraendosi ad alcuna relazione. E poi nel suo discorso ha fatto riferimento al dramma dei suicidi che purtroppo ha colpito anche Verona”.
Il Giubileo dei sacerdoti: conciliare ministero e ruolo istituzionale
Il carcere è spesso una missione per chi lo conosce in profondità, ma vivere la doppia dimensione di sacerdote e Garante può essere difficile: “Più che altro è commovente –corregge don Vinco – lo è vedere che anche dalle situazioni più tragiche possono emergere inedite cariche di umanità, sensibilità e misericordia, non nel senso del perdono tout court, ma dell’accoglienza con tutte le proprie colpe”. “È una continua lezione di vita trovare dentro il carcere situazioni umane che non si sono spente”, conclude.
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