Ad catacumbas, sui passi dei primi cristiani tra memoria e speranza
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Il termine “catacomba” trova origine in questo luogo. La zona in cui sorge il complesso di San Sebastiano, al terzo miglio della via Appia Antica, era infatti detta ad catacumbas, ovvero “presso l’avvallamento”, per via delle cave di pozzolana presenti nel sito.
12 km di gallerie
Fin dal I secolo la cava venne sfruttata e adibita per collocarvi sepolture a loculo, sia pagane che cristiane. Furono edificati diversi colombari, tipici ambienti sepolcrali romani, e almeno due edifici residenziali noti come la “Villa grande” e la “Villa piccola”, con notevoli decorazioni pittoriche sulle pareti. L’accrescersi della comunità cristiana e gli elevati costi dei terreni suburbani comportarono l’escavazione continua di quest’area, con la conseguente formazione di una rete intricata di gallerie sotterranee lunghe 12 chilometri e distribuite su tre livelli.
Le catacombe furono nascondigli?
Da sfatare è il luogo comune, ancora radicato nell’immaginario collettivo, che le catacombe siano state un nascondiglio per i primi cristiani, la cui fede nei primi secoli era effettivamente vissuta nella clandestinità, pena la morte.
“Questa leggenda è suggerita dal carattere labirintico delle gallerie intricate che caratterizzano i cimiteri cristiani”, commenta Flavio Pallocca, archeologo della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Questa rete di cunicoli fu infatti predisposta dai fossori ovvero gli operai addetti agli scavi dei sepolcreti sotterranei. “Nelle gallerie troviamo loculi, arcosoli, a volte spazi più ampi come vere e proprie cappelle private che chiamiamo cubicoli e che conferiscono a questi luoghi un eminente carattere funerario. Le catacombe erano cimiteri.”
Il riposo in attesa della resurrezione
Al termine greco necropolis, città dei morti, in uso presso i romani, i primi cristiani preferirono quello di koimào, cimitero, che letteralmente significa “dormire”.
“Erano dormitori”, prosegue Pallocca. “Qui i corpi dei cristiani si addormentavano in attesa della resurrezione. Le catacombe infatti non sono mai luoghi tristi. Gli affreschi sono ricchi di temi che ci parlano di speranza e di vita oltre la morte.”
La memoria degli Apostoli Pietro e Paolo
Il complesso archeologico di San Sebastiano sulla via Appia Antica, la Regina viarum, è segnalato dalla presenza dell’omonima basilica costruita per volere dell’imperatore Costantino nel IV secolo in onore degli Apostoli Pietro e Paolo. Secondo la tradizione, infatti, durante le persecuzioni di Valeriano nel III secolo, proprio qui furono poste al riparo le reliquie dei due santi. Per questo motivo il sito cristiano era noto come Memoria Apostolorum.
Le preghiere incise sul muro
Le spoglie dei due Apostoli furono con molta probabilità collocate nella Triclia, un ambiente coperto formato da una grande sala porticata: sul muro di fondo sono stati rinvenuti oltre 600 graffiti con invocazioni e preghiere rivolte a Pietro e Paolo. Alcune di queste scritte sono ancora visibili. Particolarmente suggestiva quella di un pellegrino che, rivolgendosi ai due martiri più importanti della cristianità, scrisse: “Paule et Petre petite pro Victore”.
Dagli Apostoli a Sebastiano
“I pellegrini affollavano il cortile esterno della Triclia per venerare gli Apostoli. Le fonti - prosegue l’archeologo - sono molto precise nell’identificare questo come il luogo del culto apostolico. Dai calendari martiriali sappiamo che nel 258, Tusco et Basso consulibus, sotto il consolato di Tusco e Basso, proprio qui ad catacumbas, oltre che nei santuari più noti del Vaticano e dell'Ostiense, si praticava la venerazione di Pietro e Paolo. Solo più tardi a questo culto si affiancò quello di San Sebastiano, che divenne il titolare del cimitero.”
Testimone della fede fino alla morte
Percorrendo le gallerie della catacomba colpisce la varietà delle tombe e delle decorazioni: lucerne, monete, monili, giocattoli di bambini, nomi incisi sulla calce tramandano la memoria dei defunti. La venerazione dei fedeli per il martire romano - che, pur essendo una stimata guardia personale dell’imperatore Diocleziano, testimoniò la sua fede in Cristo fino alle estreme conseguenze - si accrebbe, plasmando la conformazione interna del cimitero. I posti vicini alla sua tomba vennero infatti sempre più ricercati.
Il fulcro di tutto il cimitero
“Il luogo di sepoltura di Sebastiano era oggetto di grande interesse da parte dei cristiani, soprattutto i più abbienti, che desideravano ardentemente riposare qui vicino per garantirsi un’ascesa più veloce al Paradiso. Inoltre, sotto il pontificato di Papa Damaso, tra il 366 e il 384, attorno alle tombe dei martiri si crearono vere e proprie "basilichette" o cubicoli più ampi, che permettevano ai pellegrini di accedere con maggiore facilità a questi luoghi”.
Il sogno di Lucina
“In una Passio, ovvero una fonte agiografica compilata agli inizi del V secolo, si racconta l’aneddoto della pia matrona Lucina, a cui in sogno Sebastiano indicò il luogo in cui trovare il suo corpo”, prima trafitto dalle frecce e poi gettato nella Cloaca Maxima dalle guardie di Diocleziano. “Il martire avrebbe quindi chiesto alla donna di traslare le sue spoglie nel cimitero ad catacumbas, al terzo miglio della via Appia. Questa fonte ci indica il luogo dove venne sepolto Sebastiano: in una cripta, ovvero in un ambiente sotterraneo presso le vestigia degli Apostoli. In effetti, il sito della sepoltura di Sebastiano che oggi conosciamo corrisponde a questa descrizione ed è collocato topograficamente al di sotto della basilica dedicata in età costantiniana agli Apostoli Pietro e Paolo”.
Un luogo sempre vivo
Custodite in un sarcofago alla base dell’altare della cripta, le reliquie di Sebastiano furono trasferite in Vaticano nel IX secolo, ma fecero ritorno nella basilica sull’Appia Antica nel XIII secolo. “Questo cimitero – fa notare Flavio Pallocca – anche grazie alla presenza di una comunità monastica nella basilica, non è mai stato dimenticato. È una caratteristica che lo distingue da altri siti archeologici, riscoperti solo alla fine del 1500. San Sebastiano ha sempre avuto una continuità nella frequentazione da parte dei pellegrini. Pensiamo a una figura importantissima del cattolicesimo come san Filippo Neri che, come certificano gli atti del processo di canonizzazione, nel XVI secolo presso le gallerie di San Sebastiano pregava assiduamente e visse l’esperienza mistica della frattura del costato.”
Il pellegrinaggio e il Giubileo
Fin dal VI secolo le catacombe sono attestate come meta di pellegrinaggi da tutta Europa. Il Giubileo della Speranza che stiamo vivendo conferma questa loro vocazione. Per tutto il 2025, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ha ideato “Il cammino dei martiri”: un “passaporto” del pellegrino che comprende le sei catacombe di Roma aperte al pubblico. “Lo si riceve in biglietteria e chi accede - spiega Flavio Pallocca - oltre ad usufruire di agevolazioni sul costo dei biglietti, ad ogni visita potrà far apporre un timbro nella casella relativa alla catacomba visitata. A conclusione del percorso viene rilasciato un testimonium, ovvero un documento che certifica l'avvenuto pellegrinaggio".
Sempre in occasione delle celebrazioni giubilari, nelle varie cripte e tombe dei martiri presenti nelle catacombe sono state collocate le “croci del Giubileo”: manufatti ispirati iconograficamente ai sarcofagi dell’anastasis, ovvero della resurrezione. Sono segni che indicano al pellegrino i luoghi spirituali più importanti presenti nelle catacombe. Un invito a riservare un momento di preghiera personale, indirizzato alla memoria dei martiri, il cui culto è all’origine dello sviluppo dei primi cimiteri cristiani.
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