杏MAP导航

Cerca

La diretta di Radio Vaticana con monsignor Trasarti e Barbara Moschettoni, direttrice della Caritas diocesana La diretta di Radio Vaticana con monsignor Trasarti e Barbara Moschettoni, direttrice della Caritas diocesana 

Trasarti, nelle Marche l'impegno per un carcere diverso

In occasione del festival della Comunicazione delle Paoline e dei Paolini, sono stati consegnati una serie di libri ai detenuti della casa di reclusione di Fermo La testimonianza del vescovo emerito e oggi cappellano di Fermo. Il ponte con le scuole

Guglielmo Gallone e Michele Raviart – Fermo

È il tredicesimo anno consecutivo in cui, in occasione del festival della Comunicazione delle Paoline e dei Paolini, vengono consegnati una serie di libri ai detenuti delle carceri italiane. Un gesto di vicinanza che ben si sposa con il tema al centro di questo appuntamento annuale: “accendiamo la speranza” perché “una diversa comunicazione è possibile”.

L’incontro con i detenuti

Proprio all’insegna di un festival in cui si cerca di valorizzare le diverse comunità locali e condividere con mitezza la speranza cristiana, questa mattina si sono recati alla casa di reclusione di Fermo don Roberto Ponti, superiore provinciale della Società San Paolo, suor Gabriella Collesei, superiora provinciale delle Figlie di San Paolo, monsignor Rocco Pennacchio, arcivescovo di Fermo, e monsignor Armando Trasarti, vescovo emerito di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, cappellano della Casa di reclusione. “Il carcere deve diventare luogo della città – ha detto ai microfoni di Radio Vaticana monsignor Trasarti che, in quanto cappellano, coi detenuti ha un rapporto quotidiano – in questo senso, l’impegno della nostra regione è unico e credo di sapere cosa lo rende speciale: tutti gli istituti di pena delle Marche sono diretti da giovani donne. Loro hanno il dono della maternità, della sensibilità. Il risultato è evidente: dove ci sono le donne, tutto va meglio”. Una necessità ancor più impellente, ribadisce monsignor Trasarti, “in una realtà multietnica come quella marchigiana e alle prese con una crisi economica complessa che, ancor più col Covid-19, ha lasciato indietro i più deboli. Fra tutti, il settore calzaturiero, fiore all’occhiello della nostra terra, è stato fortemente danneggiato: i marchi più famosi hanno resistito, ma quelli più piccoli no. E, con essi, i dipendenti, i fornitori, quindi le famiglie. Da questo disagio nascono spesso gli atti più efferati, come testimoniato dal fatto che la maggior parte dei reclusi nelle nostre carceri sono locali e non stranieri. I più fragili mi sembrano essere in particolare i padri divorziati: non dobbiamo mai dimenticarci di loro”.

Voce agli ultimi

Proprio di carcere si è parlato questa mattina all’evento del Festival della comunicazione dal titolo “Comunicare per esistere”, svoltosi in piazza del Popolo a Fermo, cui hanno partecipato Angelica Malvatani, Serena Stoico, direttrice di Altra Chiave News, e la psicologa Azzurra Galli, ma soprattutto due giovani detenuti che si sono fatti portatori di testimonianze toccanti, menzionando ad esempio la “dimensione di famiglia nel carcere di Fermo che mi sta aiutando a cambiare: ora sono pronto a fare la vita che voglio fare”, oppure l’impegno “in questo carcere così accogliente e che permette di aspirare davvero alla libertà, specie perché ho un bambino di tre anni e mezzo che ho visto crescere solo per cinque mesi”.

Il rapporto con le scuole

Con questo spirito vengono spesso accolti gli studenti del fermano in visita alla casa di reclusione. Un’esperienza sociale e intergenerazionale promossa e raccontata in particolare dall’iniziativa editoriale Altra Chiave News. Nel numero dedicato all’incontro tra le scuole e il mondo del carcere, dal titolo “La luce in fondo al tunnel”, si leggono storie come quella di Giuseppe, che racconta una vita segnata da una grave malattia fin dall’infanzia e da scelte sbagliate, ma anche dal desiderio sincero di cambiamento e dall’amore per i suoi figli, che oggi non può vedere. Oppure come quella di Angelo, che in una lettera scrive del lutto vissuto da un agente del carcere e riflette sulla propria famiglia lontana, sul dolore delle separazioni, sul valore dei ricordi e sulla speranza di ricominciare. Ci sono poi le parole di chi, come Paco e Federico, scrive sul magazine per ricordare che “l’amore non si blocca con una porta blindata o con le sbarre” e che anche dietro le ferite più profonde può accendersi una scintilla di umanità. E ancora, l’incontro toccante vissuto dai detenuti nella Domenica delle Palme, quando due vescovi hanno celebrato la messa all’interno del carcere, portando un messaggio forte e limpido di perdono e di presenza: “Non siamo soli”.

Un ponte sociale e generazionale

“È così che cerchiamo di lavorare sui pregiudizi verso il mondo del carcere – ha raccontato ai media vaticani Angelica Malvatani che, oltre ad essere giornalista e direttore responsabile de “L’Altra Chiave News”, è anche insegnante –, i giovani hanno un’immagine distorta del carcere: quando invece li portiamo qui, incontrano persone normali e sincere, si confrontano con loro, soprattutto si estraniano dalla quotidianità spegnendo il cellulare e calandosi in un’altra realtà. E i risultati sono davvero straordinari: i nostri ragazzi cambiano la loro percezione delle carceri, di coloro che troppo spesso considerano diverso e scartato, si emozionano, vengono toccati nel cuore. Lo testimonia il fatto che queste esperienze continuano nel tempo”. Comunicare per esistere, dunque. Per non essere dimenticati. Per avere una nuova opportunità, anche e soprattutto quando tutto, intorno, sembra vacillare.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

04 giugno 2025, 18:27