ÐÓMAPµ¼º½

Cerca

Il paesaggio del fermano in cui ¨¨ immersa la realt¨¤ di Capodarco Il paesaggio del fermano in cui ¨¨ immersa la realt¨¤ di Capodarco 

Don Vinicio Albanesi: "A Capodarco nessuno mi ha mai detto di voler morire"

Il presidente della Comunit¨¤, nata nel 1966 sulle colline marchigiane, racconta l'impegno di accoglienza, vicinanza e supporto verso gli ultimi. Un esempio arricchito a Fermo dal centro diocesano missionario e dalla Caritas locale. La direttrice Moschettoni: "un tempo avevamo i poveri, oggi abbiamo gli impoveriti"

Guglielmo Gallone e Michele Raviart - Fermo

¡°In cinquant¡¯anni a Capodarco nessuno mi ha mai chiesto di morire, nonostante dal 1966 abbiamo a che fare con persone disabili o in gravi condizioni fisiche e psichiche¡±: è una testimonianza potente, colma di fiducia e di speranza quella che don Vinicio Albanesi, il presidente della Comunità nata quasi 60 anni fa nelle colline marchigiane, rilascia a Radio Vaticana, in questi giorni in trasferta a Fermo per seguire il Festival della comunicazione delle Paoline e dei Paolini dedicato proprio ad ¡°accendere la speranza" perché "un¡¯altra comunicazione è possibile¡±.

Come nasce Capodarco

Un¡¯eredità che si sente in modo ancora più forte oggi, a poche settimane dalla morte di don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco. ¡°Tutto è nato con i viaggi che don Franco faceva con le persone disabili grazie all¡¯Unitalsi - prosegue don Vinicio - loro gli dicevano spesso ¡®siamo stati bene, ma poi?¡¯. Da qui nacque tutto. Al tempo i disabili venivano o nascosti nelle famiglie o rinchiusi nei cameroni 'terapeutici' che, in realtà, di terapeutico non avevano nulla. Don Franco ebbe l¡¯intuizione di dare loro una possibilità. Li radunò e comprò una villa padronale bellissima nel fermano, circondata da tre ettari di bosco protetto, dalle colline marchigiane e dal mare adriatico, iniziando un¡¯esperienza dal nulla. Erano talmente poveri che comprarono questa casa senza soldi, grazie all¡¯intervento della Banca vaticana, lo Ior, e poi continuarono a campare con l¡¯elemosina, scoprendo ben presto una sorta di pentola a pressione: al tempo molti erano affetti dalla poliomielite quindi sebbene fossero disabili erano mentalmente lucidi e pronti a darsi da fare¡±.

La comunità si allarga

Così inizia ad animarsi Capodarco. Da lì, prosegue don Vinicio, la comunità ¡°crebbe all'insegna di tre regole: rispettare la persona senza alcuna barriera; vivere insieme perché insieme si possono fare più cose; essere attenti al territorio e a ciò che richiede¡±. Nel tempo la comunità si espande e diventa un tessuto internazionale allargato a ben 13 sedi in diverse regioni d¡¯Italia e 4 all¡¯estero, 1.226 persone accolte con 626 lavoratori e 430 volontari. Nel 1992 nasce la CICa (Comunità internazionale di Capodarco), un'organizzazione che si propone di dare risposte ai problemi dei poveri e degli emarginati dei Paesi meno sviluppati con progetti in Albania, Kosovo, Romania, Brasile, Ecuador, Guatemala, Camerun e Guinea-Bissau. Una vocazione verso le periferie che Capodarco ha sempre incarnato: ¡°Come tutti i fondatori, Franco lavorava di fantasia, superava il presente - prosegue Albanesi - i poveri aiutano i poveri: era questo il suo motto. Abbiamo così aperto una fabbrica di scarpe in Ecuador, siamo intervenuti in Albania dove c¡¯erano molti disabili militari di guerra, abbiamo partecipato alla ricostruzione del Kosovo dove ancora ricordo il dramma delle bombe a grappolo¡±. Uno sguardo profetico che dura ancora oggi, ¡°con sei strutture, 200 dipendenti, disabili fisici e mentali, tossicodipendenti, minori e soprattutto una rete di riabilitazione¡±, racconta don Vinicio, evidenziando che ¡°il modo in cui ci si avvicina a Capodarco è molto facile: le persone prima vanno in ospedale o in centri specializzati, poi vengono da noi, quando tutti tendono a dimenticarli¡±.

La vocazione missionaria di Fermo

Uno spirito missionario che ben si sposa con le iniziative locali. Fra tutte, quella del centro diocesano missionario di Fermo, raccontata dal direttore Attilio Ascani, direttore del centro diocesano di Fermo: ¡°La nostra diocesi è ricca di uno slancio verso il mondo - racconta ai media vaticani - ci sono realtà impegnate in tanti Paesi africani che noi cerchiamo di coordinare in una consulta missionaria che, come diocesi, abbiamo creato. Purtroppo siamo poveri di vocazioni sacerdotali, specialmente rispetto al passato. Oggi ci sono una coppia di laici impegnata in Etiopia, altri in Sierra Leone o Tanzania. Lavoriamo soprattutto per l¡¯animazione missionaria rispetto ai giovani della nostra diocesi. Ad esempio, dal 26 agosto al primo settembre proporremo un¡¯esperienza nuova: i ragazzi dai 16 ai 26 anni rifletteranno insieme sui temi missionari in una modalità appetibile e interessante perché ci muoveremo nell¡¯area pedemontana della nostra diocesi, dagli Appennini fino all¡¯abbazia di Fiastra, dove arriveremo il primo settembre, giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, proprio nei dieci anni della Laudato Si¡¯¡±, conclude Ascani.

Comunicazione al centro

Una missione che richiede una comunicazione adeguata, come ricordato nel panel del festival della comunicazione svoltosi giovedì sera a Grottazzolina, dedicato a ¡°Comunicare la speranza nell¡¯epoca dei social media¡± e moderato proprio da Attilio Ascani, cui hanno partecipato Andrea Tomasi, docente di informatica all¡¯università di Pisa e membro del consiglio direttivo di WECA, e Lisa Zuccarini, scrittrice, writer digitale, blogger e autrice del libro ¡°Benedetti ragazzi¡± (Berica editrice). Sempre sulla stessa linea, non si può dimenticare l¡¯esperienza di ¡°Redattore sociale¡±, un network multimediale voluto da Capodarco di servizi informativi, di documentazione e di formazione online sui temi del welfare, del disagio sociale, dell'impegno nel volontariato e nel terzo settore che, purtroppo, ha chiuso i battenti lo scorso gennaio. ¡°Le motivazioni della chiusura sono state prettamente economiche - racconta don Vinicio - pagare otto giornalisti è diventato troppo impegnativo per noi. Eppure, tantissime grandi firme del giornalismo italiano sono passati dalle nostre parti e con noi hanno fatto formazione, festival. Non lo dimenticheremo mai¡±.

La vicinanza agli ultimi

Tutt¡¯altro che isolata, nel fermano Capodarco è circondata da altre esperienze di concreta vicinanza agli ultimi. Fra tutte, la Caritas diocesana che, come ci racconta la direttrice Barbara Moschettoni, ¡°presta supporto a coloro che troppo spesso tendiamo a dimenticare. Qui gli ultimi sono tanti anziani che vivono nei borghi, dove c¡¯è molta solitudine  e dunque non c¡¯è bisogno di supporto economico bensì di supporto emotivo. Abbiamo volontari che fanno il servizio taxi, accompagnano gli anziani a fare le visite mediche o a fare la spesa. Abbiamo anche un progetto in alcune parrocchie di aggregazione e animazione per anziani. Organizziamo pure pellegrinaggi a Loreto e momenti di allegria¡±. Ci sono poi tante famiglie in difficoltà perché, ricorda Moschettoni riprendendo le parole dell¡¯arcivescovo di Fermo monsignor Rocco Pennacchio, ¡°un tempo avevamo i poveri, oggi abbiamo gli impoveriti: il Covid-19 e la crisi calzaturiera hanno stravolto la vita di moltissime persone. A loro cerchiamo di essere vicini, con i pacchi e con le tasse, ma specie con l¡¯ascolto, con la relazione. Abbiamo 23 centri Caritas in tutta la diocesi e due dormitori, grazie al contributo di persone straordinarie. È un piccolo aiuto, ma vogliamo smuovere tutta la comunità affinché ci sia una realtà che accoglie e si prende cura l¡¯uno dell¡¯altro. Con un solo obiettivo: rimettere le persone in carreggiata¡±.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

06 giugno 2025, 18:34