India, samaritani nell¡¯inferno del Covid
di Paolo Affatato
La parola d¡¯ordine è ¡°I care¡±, mi importa, me ne prendo cura. Come ha fatto il buon samaritano del Vangelo che si è chinato su un uomo ferito e abbandonato. È il principio ispiratore che oggi guida e orienta migliaia di comunità cattoliche disseminate nell¡¯Unione indiana, nazione di oltre 1,3 miliardi di persone travolte dall¡¯ondata pandemica. Di fronte a un numero di malati e di morti che ha toccato picchi da record mondiale (con punte di 400 mila contagiati e 4.000 decessi al giorno), i cattolici indiani (venti milioni di anime, circa l¡¯1,5 per cento della popolazione) non sono rimasti alla finestra ma, fin dall¡¯inizio della diffusione del virus, hanno avvertito con chiarezza la vocazione a spendersi, a mettersi in gioco, a condividere risorse, strutture, tempo, energie, nello spirito evangelico di misericordia e compassione. I battezzati, in ogni territorio e ad ogni livello, dai vescovi fino ai sacerdoti, religiosi, catechisti, giovani, hanno scelto la strada del ¡°prendersi cura¡±, consci dei rischi cui andavano incontro e pronti a donarsi al prossimo, nel nome di Cristo, fino in fondo.
«L¡¯India è disseminata, nelle sue 174 diocesi, nei centri cattolici di cura e di assistenza ai malati, di squadre di volontari chiamati ¡°guerrieri del covid¡±, esperienze di carità e apostolato a beneficio degli indigenti e di quanti hanno perso i mezzi di sostentamento», riferisce a L¡¯Osservatore Romano suor Lissy Maruthanakuzhy, religiosa indiana delle Figlie di San Paolo, che lavora a Panaji, capitale di Goa, nell¡¯India occidentale. Impegnata a raccontare, per il suo lavoro nel campo dei mass-media, la vita della Chiesa in India, suor Lissy offre un quadro dell¡¯opera dei fedeli indiani in questo tempo difficile. «In primis ¡ª spiega ¡ª va notato che i cattolici hanno scelto da subito il lavoro di squadra, formando team di volontari in parrocchie, comunità, congregazioni religiose. Sappiamo che, unendo le forze, si riesce a raggiungere un numero più ampio di bisognosi e di sofferenti». Ad esempio a Goa sono nati speciali ¡°centri di cura¡±, coordinati dalla Caritas, che riescono a monitorare il territorio «svolgendo una preziosa opera di prevenzione, controllo, e cura dei malati», aggiunge.
Un secondo, notevole impatto sulla crisi pandemica lo si è avuto mettendo a disposizione e riconvertendo le strutture, come avvenuto per centinaia di scuole cattoliche: «La casa per ritiri spirituali ¡°Pedro Arrupe¡±, gestita dai gesuiti a Raia, si è trasformata in casa per ospitare persone positive al virus ma asintomatiche», riferisce la religiosa. Il centro offre la possibilità di trascorrere il necessario periodo di isolamento o quarantena domestica, specialmente per le famiglie povere e può contare anche sull¡¯opera di un gruppo di medici, infermieri e volontari per soddisfare le esigenze dei pazienti. «Si è pronti a curarli o trasferirli in ospedale, se necessario», ha precisato suor Lissy. Oltre a fornire gratuitamente alloggio e vitto, grazie alle donazioni di benefattori, c¡¯è poi, come in tante altre strutture cattoliche, un valore aggiunto, nota la religiosa: «Si cura anche la relazione umana, il rapporto tra persone, si prende in considerazione anche l¡¯aspetto psicologico e spirituale, si offrono ascolto, consolazione e speranza».
Allo stesso modo opera il Centro benedettino nella chiesa di San Giovanni Battista a Benaulim, offrendo servizi sanitari e sociali nella parte più povera di Goa: «Dispone di trenta posti letto e, date le attrezzature di avanguardia e il personale medico, è un luogo dove gli ospedali pubblici mandano i pazienti meno gravi, in un proficuo rapporto di collaborazione tra sanità statale e privata per il bene comune della nazione in questo tempo di emergenza», rileva suor Lissy. Infondono forza e coraggio alla gente, dispensando aiuti di ogni tipo, i ¡°guerrieri del covid¡±, gruppi organizzati di cattolici che hanno attivato una apposita linea telefonica di prima assistenza per gli affetti da questo morbo, fornendo la possibilità di effettuare test e tamponi, ma anche offrendo kit di medicinali o, se necessaria, un¡¯ambulanza per il ricovero. Inoltre, «sono nati in migliaia di comunità cattoliche di tutta l¡¯India gruppi di volontari, spesso coordinati dalla Caritas, dediti a distribuire pacchi alimentari a famiglie indigenti o isolate perché uno dei loro membri è positivo al virus». Il circolo virtuoso della solidarietà è sempre attivo: «Le comunità dei battezzati ¡ª conclude la suora paolina ¡ª continuano a organizzare raccolte di fondi per procurare ossigeno, medicinali, beni di prima necessità. In tal modo, donandosi senza riserve per il prossimo, tutta la Chiesa indiana rivela e testimonia il volto misericordioso di Cristo. E mostra l¡¯amore verso la nazione indiana».
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