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Ravasi: spazi sacri rispettino comunit¨¤, architetti non devono prevaricare

¡°Costruire lo spazio sacro. L¡¯architettura religiosa nel mondo contemporaneo¡±: colloquio domani tra il cardinale Gianfranco Ravasi e l¡¯architetto Mario Botta alla Pontificia Universit¨¤ Gregoriana. L¡¯incontro ¨¨ organizzato dal Pontifico Consiglio della Cultura e dall¡¯Accademia di Svizzera presso la Santa Sede, in collaborazione con l¡¯Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon.

Roberta Gisotti ¨C Città del Vaticano

L¡¯architettura sacra al centro di un colloquio che vedrà confrontarsi il teologo, biblista, cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, versatile intellettuale e l¡¯architetto svizzero Mario Botta, fondatore e docente dell¡¯Accademia di architettura di Mendrisio, insignito del Premio Ratzinger 2018, quale ¡°creatore di spazi mirabili per l¡¯elevazione spirituale e la preghiera dell¡¯assemblea cristiana¡±.

Oltre lo spazio: il sacro nelle opere di Botta

Una carriera internazionale quella di Botta che si è espressa grandemente oltre che in opere civili, come il Museo d¡¯arte moderna di San Francisco e il Museo d¡¯arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, anche in numerose opere religiose, come la Chiesa del beato Odorico a Pordenone e il Monastero dei Santi Apostoli Pietro e Andrea a Leopoli, in Ucraina. Dopo aver costruito chiese, cappelle ed una sinagoga, giunto all¡¯età di 75 anni Botta sta ora progettando una moschea in Cina. Proprio agli edifici religiosi concepiti da questo appassionato e instancabile architetto è dedicato il documentario ¡°Oltre lo spazio¡±, che sarà proiettato in apertura dell¡¯incontro, alle 17, nella sede dell¡¯Università Gregoriana, a Roma, che darà il via alla conversazione con cardinale Ravasi, moderata dall¡¯architetto Pio Baldi, presidente dell¡¯Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon.

Ravasi: il tempio residenza di Dio e luogo di ricerca di senso

Prima questione che si pone, a partire dalla prima parte del titolo del colloquio ¡°Costruire lo spazio sacro¡±, è capire come la sacralità viva e comunichi attraverso l¡¯elemento spaziale. Quesito che abbiamo posto al cardinale Gianfranco Ravasi

Ascolta l'intervista al cardinale Gianfranco Ravasi

Quanto conta lo spazio per affermare la sacralità?

R. - La parte spaziale del nostro orizzonte evidentemente è molto ampia e noi siamo, fin dalle origini, pare, se stiamo al contributo dell¡¯antropologia culturale, alla ricerca di un centro. Noi vediamo questo orizzonte molto mutevole, vario. Ecco, allora, come hanno detto alcuni studiosi, uno fra tutti è stato l¡¯antropologo rumeno, storico delle religioni, Mircea Eliade, il quale ha sottolineato che l¡¯umanità quando ha iniziato a organizzare lo spazio ha voluto costruire un centro e questo centro era il tempio, cioè il luogo in cui in qualche modo ci fosse una sorta di coordinamento di tutto l¡¯orizzonte in cui siamo incastonati. Questo elemento è significativo perché così lo spazio sacro diventa non soltanto una questione religiosa dove si deve invocare verticalmente Dio che sta sopra. Ecco, allora, l¡¯importanza dell¡¯edificio che sia ¡®residenza¡¯ di Dio ma anche esprima una funzione necessaria di organizzazione di senso. Proviamo a guardare dall¡¯alto, per esempio, con un elicottero, la città di Milano e vediamo che il cuore è costituito dal Duomo dal quale si diramano le radiali che danno la mappa della città stessa. Queste sono le due funzioni: la funzione trascendente e la funzione orizzontale del tempio.

Seconda parte del titolo del Colloquio è ¡°L¡¯architettura religiosa nel mondo contemporaneo¡±. E¡¯ un dato di fatto che sia stata spesso criticata, già a partire dalla metà del secolo scorso, accusata di estraneità al sentire sacro. Come ci fosse stato un corto circuito tra un sentire religioso legato a schemi architettonici del passato e nuove correnti artistiche espressione dei tempi attuali. La critica sovente è che l¡¯architetto segua la sua ispirazione e non quella del committente. Dilemma che abbiamo girato al cardinale Ravasi.

Lei crede che un architetto debba avere una fede se investito di progettare un¡¯opera religiosa?

R. - L¡¯architetto non deve necessariamente avere una fede ma deve necessariamente avere un dialogo con il credente, con la comunità che nell¡¯interno del suo spazio si troverà. E¡¯ per questa ragione che è indispensabile che ci sia la comunità che interpella, dialoga, naturalmente, tenendo conto delle nuove esigenze, anche nuove grammatiche che sono proprie della costruzione, dell¡¯architettura, dell¡¯urbanistica stessa che interpella l¡¯architetto e viceversa, in modo tale che veramente non si creino delle aule sacre, che sono simili qualche volta a sferisteri, che sono simili a sale di riunione o che si costruiscano nei luoghi in cui c¡¯è una sorta di sordità alla spiritualità. Io penso che il tempio deve avere la luce. La luce è una componente fondamentale nell¡¯interno del culto, deve avere alcuni segni che sono capitali per il culto cristiano. Pensiamo all¡¯altare, pensiamo l¡¯ambone, il crocifisso ed eventualmente il battistero. Ci sono, cioè,  componenti che non possono essere create così a fantasia o escluse dall¡¯architetto ma devono essere colte perché la comunità si ritrovi. Ecco l¡¯importanza ancora una volta della comunità. Non dimentichiamo mai che nella Bibbia il tempio è chiamato nell¡¯Antico Testamento 'ohel mo'ed', che vuol dire la tenda dell¡¯incontro: l¡¯incontro con Dio prima di tutto ma anche l¡¯incontro delle persone tra di loro. Queste due componenti, la componente sacra e la componente dell¡¯assemblea liturgica devono sempre incrociarsi e l¡¯architetto deve imparare perché la sua opera non prevarichi attorno a queste due componenti.

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29 ottobre 2019, 13:51